«Ricordi? Il cosmo era immenso, e Gagarin d’oro e d’incenso orbitava lassù…»
Vogliamo dedicare una canzone a quelli che da piccoli dicevano io voglio fare l’astronauta!
A tuti quelli che almeno una volta si sono trovati a guardare il cielo fino al mattino.
E agli appassionati di pianeti e costellazioni, occhi fissi nei telescopi.
A tutti quelli che guardano fuori perché, fondamentalmente, si vanno stretti.
Tutti ad osservare e a chiedersi cosa diavolo ci sia, lassù, e chissà poi perché. E cercare di pensare l’infinito, che nel momento in cui lo pensi già lo restringi e allora non va più bene.
Vogliamo farlo oggi, che sono 50 anni che Yuri Gagarin fu lanciato in orbita, senza nessuna certezza del ritorno e chissenefrega.
Ed è anche vero, che da quando l’hanno sparato lassù, nello spazio e nel mito, tutto ci sembra più vicino.
E per quanto possiamo avere più o meno tutto quello che desideriamo, ci sentiamo sempre più approssimati per difetto. Ci è un po’ passata la voglia di cose grandi e lontane, come il cosmo.
E allora che Gagarin sia con tutti noi, a ricordarci del fascino che hanno solo certi orizzonti lontani.
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