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artwork: The Freewheelin’ Bob Dylan (1963)

«Dalla prima volta che la vidi, non riuscii a toglierle gli occhi di dosso. Era la cosa più sensuale che avessi mai visto. […] avevo sentito la freccia di Cupido sfiorarmi qualche volta, ma quella volta mi centò dritto al cuore».

Freddo cane  quel giorno di febbraio del 1963 a New York, strade invase dalla neve, tanto che su Jones Street non passano nemmeno le automobili. Attenti a non scivolare, Bob Dylan e Suze Rotolo camminano reggendosi l’uno all’altra.

Sono giovani, innamorati. Vivono lì, dietro l’angolo, in affitto a 60 dollari al mese. Ma poco riscaldamento anche in casa. Lei è avvolta in un cappotto che nasconde strati e strati di vestiti. E questa foto non rende giustizia alla sua bellezza. Lui, in rapidissima ascesa nel circuito del Greenwich Village, ha in dosso solo una giacchetta, il che lo fa sembrare un uccellino congelato, e ha un pessimo taglio di capelli. L’altro, dietro la macchina fotografica, è il fotografo della CBS Don Hunstein.

Tra i molti scatti del giorno (opera del fotografo della Columbia Records Don Hunstein), leggenda vuole che venne scelto questo perché Dylan desiderava imitare una posa di James Dean.

Quella di The Freewheelin’ Bob Dylan è un’istantanea da un epoca che non esiste più. Blocca in un fotogramma la vita di due persone un attimo prima che scivolino via l’uno dall’altra.

La storia tra i due s’incartò nella seconda metà del ’63, e s’interruppe per sempre quando lui perse la testa per Joan Baez, anche se, ha raccontato lei, l’amore era già evaporato da tempo. Ma Suze fu una figura fondamentale nella formazione del giovane Zimmerman. Lo introdusse alla pittura, alla scena del Greenwich Village, alla politica e alla comunità italiana di New York.

Si sposò felicemente nel 1967, passò la vita tra l’attivismo politico e l’arte, e non volle mai fare i conti con quel passato ingombrante nella sua vita, fino a qualche anno fa quando acconsentì ad avere una parte in No Direction Home.

Suze Rotolo se n’è andata da qualche settimana. Con lei molte cose. A rivedere questa foto, oggi, è impossibile non pensare ad un’intera generazione che che ci sta lasciando soli, dopo aver costruito il mondo in cui viviamo.

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