Questa è una di quelle cose del tipo prima o poi doveva succedere: prima o poi doveva succedere che anche i Doors avessero il loro tributo indie.. e che tributo!
Si parte dagli Elephant Stone che immergono L.A. Woman in un’atmosfera incalzante, un notevole miscuglio tra la migliore Madchester e l’acid rock più puro, tenuto insieme dal pulsare del basso e dagli echi infiniti della voce.
Si prosegue con i Black Angels (non potevano mancare, effettivamente) che si producono in una versione di Soul Kitchen certamente più rispettosa di quella al tempo fornita dagli X su Los Angeles, ma comunque spoglia di ogni leggererezza e dei saliscendi vocali di Morrison.
Un misto di rivisitazioni “semplicemente” inacidite ed esperimenti più azzardati. Tra questi, certamente la scelta di trasformare People Are Strange in uno strumentale anabolizzato e caleidoscopio (opera dei Camera), i Clinic che rendono Touch Me uno splendido incubo sussurrato o, ancora, le progressioni rumoristiche dei newyorkesi Vietnam su Roadhouse Blues e i Raveonettes che riescono a trasformare The End in un’elegia acustica, a perfetta chiusura di questo A Psych Tribute To The Doors.
E se c’è una cosa in cui questo tributo riesce splendidamente (tra le molte) è privare la musica dei Doors di ogni vagheggio sciamanico facendone emergere prepotentemente l’anima acida, corrosiva e scurissima. I figli hanno tenuto il meglio dai padri.
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