Dischi

AAVV – Tropical Britxotica!

tropical_brixoticaNata da un’idea del dj Martin Green nel 2014, la serie Britxotica! (Trunk Records) esplora quell’improbabile momento in cui la musica britannica cedette alle lusinghe dei suoni tipici delle (ex) colonie di sua maestà, a metà del secolo scorso.

E così, dopo un primo episodio all’ombra del Big Ben (Britxotica! London’s primitive pop and savage jazz), un secondo che guardava ad oriente (Britxotica! Goes East: persian pop and casbah jazz from the wild british Isles) ecco Tropical Britxotica!: uno strepitoso viaggio verso i mari del sud, verso isole del Pacifico popolate da pappagallini colorati, accoglienti frutti tropicali, scimmiette dispettose, voluttuose indigene poco avvezze alla stoffa ed acque placide placide.

Tutto rigorosamente finto.

Ecco, è molto difficile immaginare oggi – sopratutto dalla nostra prospettiva mediterranea – un mondo anglosassone post-coloniale ma preBeatles: però Tropical Britxotica! s’incunea proprio in quegli anni e apre uno squarcio su cosa fosse il business dell’intrattenimento allora, quello che (per semplificare) culmina con Dr. No, primo film di James Bond, datato 1962; da lì in poi non sarà più la stessa cosa.

Bisogna quindi chiudere gli occhi e partire, dimenticandosi che si tratta di una enorme distorsione: la musica di Tropical Britxotica! è rigorosamente prodotta nella terra d’Albione; insomma è una pura e strampalata evocazione, per quanto convincente. Spiccano nomi di direttori d’orchestra come Edmundo Ros – originario di Trinidad, nell’immediato dopoguerra impegnato ad intrattenere tanto gli avventori dei nightclub di Regent Street quanto i reali a Buckingham Palace, fino ad essere insignito del titolo di baronetto – o Ron Goodwin, immortalato poco prima di diventare un acclamato compositore di colonne sonore (la più famosa Dove Osano Le Aquile, 1968); o ancora, Norrie Paramor, cioè l’antagonista di George Martin: fino al 1997 avevano prodotto esattamente lo stesso numero di canzoni finite al primo posto in classifica, nonostante Paramor fosse morto nel 1979, poi Martin produsse Candle In The Wind ’97 e lo superò.

Musica registrata per gli usi più disparati: puro intrattenimento, colonne sonore, o giusto per rendere qualche sala da ballo più accogliente e offrire un’alternativa alla (molto più tipica) nebbia della city.

Insomma sì, pare di stare laggiù nel Pacifico, da qualche parte magnificamente irraggiungibili.