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Badly Drawn Boy – Banana Skin Shoes

Sono passati dieci anni dall’ultimo vero e proprio album a firma Badly Drawn Boy e venti (venti!) dall’esordio-capolavoro The Hour Of The Bewilderbeast.

In qualche modo sono distanze che occorre ricordare, anche se fanno un po’ male.

Comunque, nel 2010, per quanto It’s What I’m Thinking Pt.1 – Photographing Snowflakes non fosse esattamente indimenticabile nulla faceva davvero presagire che i successivi due lustri di Badly Drawn Boy si sarebbero trasformati in una specie di labirinto: scomparso, depresso, insicuro, incasinato a tal punto che oggi il suo ritorno sulle scene è un grano sollievo.

Lo è umanamente, anzitutto, ed anche artisticamente perché in questo Banana Skin Shoes ritroviamo Damon Gough decisamente in forma.

Parte con un collage sonoro (la title track), sciorina scintillante pop music da lucciconi (Is This A Dream?, Colours, I Don’t Know What It Is, I Just Wanna With You Happiness), porge un incredibile omaggio all’effervescente Manchester di Tony Wilson (he symbolised and crystallised freedom, a king with no crown / he left more than a million footprints all over this town) e si lascia ovviamente andare ad una certa malinconia (Note To Self, Funny Time Of The Year, Never Change) – certo figlia di quel buco nero in cui si è trovato troppo spesso.

You ever had a feeling like you’re some kind of fool, and spend your life just looking for answers?, chiede in Badly Drawn Boy in I Need Someone To Trust, ed è inevitabile pensare ad una risposta affermativa. Vale per lui, vale per tutti.

Ma in Banana Skin Shoes sembra prevalere la voglia di scrollarsi di dosso certe cose, pur senza dimenticarle. Di farne tesoro, ecco.

Il ritorno di Damon Gough era tutt’altro che scontato; altrettanto impronosticabile era il fatto che avesse in serbo un album tanto a fuoco. È un regalo per chi ha aspettato a lungo qui fuori, è un regalo soprattutto per se stesso.