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Beck – Morning Phase

beck_morning_phaseConfesso di non essere un particolare estimatore di Beck e di avere solo una vaga idea di cosa abbia combinato negli ultimi 10 anni (un disco di soli spartiti, può essere?).

Ciò detto, questo Morning Phase mi pare più che degno di attenzione.

Racchiude in sé, più che malinconia, una certa indolenza insulare californiana: per certi versi è fatto della stessa materia di cui era fatto, molti anni addietro, Pacific Ocean Blue di Dennis Wilson.

Ogni tanto scatta in avanti, come quei corridori romantici che proprio però non ce la faranno mai, ma più spesso, molto più spesso, è una foglia ancora verde trascinata a riva, che sbrilluccica di salsedine.

Lui, il genietto discepolo di Ron Hubbard, ci guarda dall’alto (o dal basso?) dalla copertina di questo nuovo album pienamente consapevole di averla fatta grossa, con questa specie di pace interiore che ora si porta appresso.

Armonico, essenziale come il miglior Lennon ma tutt’altro che scarno nella produzione, per completare Morning Phase ha rimesso mano a brani abbozzati quasi dieci anni fa e ora ha trovato la quadra.

Il risultato è di una bellezza impalpabile, e sottile e ricca allo stesso tempo: raccoglie e spande una certa malinconia che può cogliersi solo al mattino, solo aprendo una finestra sbilenca sul mondo.

Come a dire: la buona arte non ha a che fare necessariamente con il tormento.

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