Dischi

Black Grape – Pop Voodoo

Per chi si fosse perso qualcosa, i Black Grape sono la seconda incarnazione di Shaun Ryder e Bez (Happy Mondays), autori di un primo album pazzesco – quel It’s Great When You’re Straight… Yeah che nel 1995 riuscì a conquistarsi qualche incredibile settimana in testa alla classifica Uk – presto dissoltisi tra intemperanze varie.

Il loro, quindi, è l’ennesimo ritorno di questi anni; forse è il meno atteso: era legittimo pensare avessero già dato tutto, come un bel fuoco d’artificio – e comunque mancano all’appello Bez e gli altri: i nuovi Black Grape sono “solo” Ryder e Kermit (al secolo Paul Leveridge) ma tanto basta, dato che i due hanno sempre incrociato le rispettive liriche in modo superbo.

Come dei sopravvissuti svegliatisi in un mondo assurdo a vent’anni dall’ultima avventura (Stupid Stupid Stupid, 1997), iniziano con un attacco a Trump tanto inequivocabile quanto obliquo: Everything You Know Is Wrong è un’invettiva lanciata direttamente dal pub, dopo diverse pinte, con i sensi irrimediabilmente alterati e condotta sull’ennesimo irresistibile campionamento di Funky Drummer.

Da quel momento in poi Pop Voodoo è incontenibile, al grido di this the first day of the rest of my nine lives i redivivi Black Grape hanno messo insieme un album di dodici tracce che sono tutte potenziali singoli (svetta  la title track, che è una follia contagiosa a sé stante), fatte di un taglia e cuci old school dal quale emergono bassi pulsanti, ottoni impazziti su ritmiche funky e sfacciataggine a tonnellate.

Loro spingono forte su una cosa che – come sempre – non è propriamente musica da club però non fa stare fermi un attimo, non è gioia incontenibile ma si tiene ben lontano dai trip tristi, è meravigliosamente sbracata ma anche sufficientemente arty; e forse che forse questo Pop Voodoo – che nel suo essere indiscutibilmente catchy rappresenta una validissima alternativa all’imperante stupidità radiofonica – è l’opera migliore dei Black Grape: coloratissima, movimentata, divertente, roba da perderci la testa quando proprio uno non se l’aspettava (più).