Tago Mago (1971) è l’opera per la quale verranno di sicuro ricordati, ma i CAN sono stati anche molto altro.
Questa compilation fresca fresca di pubblicazione lo dimostra; The Singles mette in luce un aspetto spesso trascurato della band di Colonia, sorprendentemente capace anche di essere molto coincisa ed essenziale senza tralasciare un briciolo della propria ricerca sonora.
Cosa vuol dire, in fondo? Vuol dire che in questi brani, questi singoli (ben 23), contengono ciascuno un universo sonoro che nel tempo si è rivelato tanto influente quanto il resto del catalogo dei CAN.
Inutile ricordare quante volte è stata campionata Vitamin C; in 3’18” Shikako Maruten anticipa di quasi trent’anni le elucubrazioni dei Radiohead da Amnesiac in poi; la tripletta Moonshake / Future Days / Dizzy Dizzy può essere ritrovata tanto nei lavori di UNKLE, Primal Scream, Jaga Jazzist e un milione di altri; I Want More (e la successiva) …And More sembrano molto più di divertissement in salsa funky; la loro versione di Silent Night non ha eguali e rivela l’anima più popular di una band la cui fruibilità risiede al di là di un piccolo sforzo, forse oggigiorno impensabile.
Ma i CAN – dai loro spoken waltzer (Cascade Waltz) alle favole fanciullesche in odore prog (Turtles Have Short Legs), passando per il free jazz, la konkrete musik, i ritmi motorik (Don’t Say No) e temi perfetti per (quella che fu) la notte fonda nel tubo catodico (Can Can) – sono un perfetto esempio di suono incatalogabile e libero.
The Singles è un’ottima occasione per riscoprire la loro ricchezza e domandarsi ancora una volta dove stia (se c’è) il confine tra follia e creatività.
Tago Mago (1971) è l’opera per la quale verranno di sicuro ricordati, ma i CAN sono stati anche molto altro.
Questa compilation fresca fresca di pubblicazione lo dimostra; The Singles mette in luce un aspetto spesso trascurato della band di Colonia, sorprendentemente capace anche di essere molto coincisa ed essenziale senza tralasciare un briciolo della propria ricerca sonora.
Cosa vuol dire, in fondo? Vuol dire che in questi brani, questi singoli (ben 23), contengono ciascuno un universo sonoro che nel tempo si è rivelato tanto influente quanto il resto del catalogo dei CAN.
Inutile ricordare quante volte è stata campionata Vitamin C; in 3’18” Shikako Maruten anticipa di quasi trent’anni le elucubrazioni dei Radiohead da Amnesiac in poi; la tripletta Moonshake / Future Days / Dizzy Dizzy può essere ritrovata tanto nei lavori di UNKLE, Primal Scream, Jaga Jazzist e un milione di altri; I Want More (e la successiva) …And More sembrano molto più di divertissement in salsa funky; la loro versione di Silent Night non ha eguali e rivela l’anima più popular di una band la cui fruibilità risiede al di là di un piccolo sforzo, forse oggigiorno impensabile.
Ma i CAN – dai loro spoken waltzer (Cascade Waltz) alle favole fanciullesche in odore prog (Turtles Have Short Legs), passando per il free jazz, la konkrete musik, i ritmi motorik (Don’t Say No) e temi perfetti per (quella che fu) la notte fonda nel tubo catodico (Can Can) – sono un perfetto esempio di suono incatalogabile e libero.
The Singles è un’ottima occasione per riscoprire la loro ricchezza e domandarsi ancora una volta dove stia (se c’è) il confine tra follia e creatività.