Titolo azzeccatissimo: ecco cosa i Counting Crows hanno combinato la scorsa estate. Come dei monelli che s’attardano con i loro giocattoli preferiti al posto di fare i compiti, hanno registrato un disco di sole cover: Underwater Sunshine (Or What We Did On Our Summer Vacation).
Classica cosa che potrebbe indicare che ormai la benzina è finita, invece pare più un simpatico (e a tratti molto riuscito) cazzeggio: Adam Duritz e soci devono essersi divertiti parecchio a ripescare a piene mani tra le loro cose preferite e vestirle del loro rock imbottito di painkillers.
La scelta dei brani, poi, riserva qualche sorpresa, a partire dall voglia di mettere in luce qualche (insospettabile?) influenza british, come Start Again dei Teenage Fanclub, Oh La La dei Faces e (addirittura) Coming Around dei Travis (nessuno se la ricorda, ma è stato l’ultimo singolo da The Man Who, pubblicato nel 2000, e per averne traccia bisogna andare su Singles – a proposito, ma loro che fine hanno fatto?), Meet On The Ledge dei Fairport Convention.
Ma i Counting Crows sono molto più a loro agio quando rivisitano paio di classiconi (The Return Of The Grevious Angel e You Ain’t Going Nowhere, a firma, rispettivamente di Gram Parsons e Bob Dyan) e soprattutto portano alla luce qualche gemma (country) rock che raramente è arrivata da questa sponda dell’Atlantico.
Tipo Hospital di Corby Brown, o Like Teenage Gravity di Kasey Anderson And The Honkies, All My Failures dei Dawes: tutta roba recente, che dimostra il loro orecchio teso all’americana; e che forse ricorda a noi che è ora di piantarla di glorificare Ryan Adams come principale paladino del rock’n’roll USA degli anni zero (peraltro ormai andati).
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