Cosa sia successo ai Crocodiles è presto detto; lo rivelano loro stessi, senza troppa sorpresa: «no more black clouds hangin’ around…».
O se non è così poco ci manca, perché con questo Endless Flowers virano decisi verso una solarità sconosciuta.
Intendiamoci, mica sono diventati in un colpo solo i Beach Boys; ma l’amore che cantano è meno drogato, meno malato, ha meno a che fare con le siringhe e più con caffè e sigarette.
È come avessero trovato una luce nel tunnel in cui sono nati; meno disperazione, meno maledizione. La purezza non abita qui, ma questo disco è un infinito tendere verso di essa.
Perdono furia, certo. Guadagnano melodie, sozzissime ma pur sempre tonde, e pure contagiose. Mantengono una vocazione disturbata e lisergica (vedi la coda di Hung Up On A Flower), che discende direttamente dai Velvet Underground – privati di tutta la loro sensualità.
E quella copertina: impossibile non pensare a Morrissey e i suoi fiori sbattuti in giro. Ma il protagonista è nudo, spogliato di ogni poesia e carico di carnalità.
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