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Cystal Castles – (III)

crystal-castles-iii-608x608-300x300Parlando dei Crystal Castles, la dualità è un concetto fondante.

Oltre ad essere in due, Ethan Kath e Alice Glass sono anche fautori di una musica dalla doppia direttrice, seppur sempre all’interno dell’ambito elettronico: una più violenta e viscerale e una più onirica e melodica.

Nel loro terzo album, che conferma la scarsa fantasia della coppia canadese per i titoli dei dischi ma dimostra maggiore gusto nella scelta dell’immagine, la componente più aggressiva è limitata (Sad Eyes). Mancano quasi totalmente i brani più abrasivi e sguaiati, in favore di una maggiore ricercatezza dei suoni e di una predominanza per composizioni meno immediate e più strutturate. A beneficiarne è la crostuzione delle canzoni, ancor più che in passato frutto di un complesso lavoro di stratificazione di ritmiche, sintetizzatori e voci effettate.

Ed è proprio la voce della Glass a subire le magiori attenzioni. Se infatti alcune soluzioni strumentali sembrano ricalcare anche troppo gli schemi del passato (Affection), le parti cantate colpiscono per le nuomerose soluzioni e i costanti mutamenti. I versi vengono modificati ad ogni pezzo: spezzettati, frammentati e ricomposti (Kerosene), soffocati (Pale Flesh), cristallizzati (Transgender), sintetizzati (Violent Youth), trattati fino a confondersi con la musica e farsi strumento (Wrath Of God e Insulin).

Nonostante sia presentata come il frutto di singole registrazioni (niente computer e “buona la prima”), la terza prova del duo canadese è un album complesso e ricercato, che costringe a guardare al particolare piuttosto che all’effetto immediato, richiedendo maggiore attenzione rispetto ai precedenti per essere apprezzato. Per chi sinora sembrava aver puntato soprattutto a colpire allo stomaco, si direbbe un passo avanti.

Il video di Plague, prima traccia dell’album e scaricabile da SoundCloud , è opera di Ivan Grbin (già al lavoro con i TRST) e un omaggio a Possession, inquietante film del regista polacco Andrzej Żuławski del 1981. Alla luce del dichiarato interersse della band per il dolore e le inquietudini dell’animo umano, una scelta azzeccata.

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