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Dr. Feelgood – Stupidity

Dr_Feelgood_StupidityTra le cose per cui vale la pena ricordare il 1976 c’è sicuramente questa: nell’ottobre di quell’anno per la prima volta un disco dal vivo appena pubblicato raggiunse il primo posto della classifica inglese. Lì rimase una settimana, ma fluttuò tra gli album più venduti per altre otto.

Si trattava di Stupidity, terzo lavoro dei Dr. Feelgood e, in qualche modo, rappresentò il loro apice artistico.

La definizione di pub rock sta nel nome stesso, e – nella sua migliore incarnazione, rappresentata appunto dalla band di Wilko Johnson e Lee Brilleux (nato Lee Collinson) – va ricordato come un flebile argine al progressive (in quegli anni la cosa più in voga tra tutte, anche commercialmente) e come uno strano precursore del punk.

Diretti come un pugno in faccia e amari come un’ottima birra, i Dr. Feelgood trovavano la loro cifra migliore live, momento in cui le loro ritmiche grezze, sudate e quadrate incrociavano gli esordi del r&b e del rock’n’roll, come appunto testimonia splendidamente Stupidity.

Un album che moltissimi non hanno mai ascoltato, o nemmeno sentito nominare, ma sta tra i 20 Greatest Live Albums Of All Time di Q Magazine, per dire; può essere un’inclusione generosa, per quanto non troppo distante dalla realtà, ma se vogliamo proprio fare i puntigliosi e giocare con liste e classifiche, bilancia l’esclusione di Wilko Johnson da quella dei migliori 100 chitarristi di sempre firmata da Rolling Stone.

Lui è un uomo che merita un capitolo a parte (per alcune recenti vicende umane), ma sono le sue pugnalate ritmiche che tengono insieme il tutto: così, su e giù con la destra senza plettro, la sinistra ad avvolgere il manico dello strumento e muoversi veloce, una cosa «più facile da fare che da spiegare».

In Stupidity i Dr. Feelgood creano un’esplosione compatta che parte dal classico di Chuck Berry Talking About You e, come un cerchio, lì torna con una rilettura di Johnny B. Goode che vive di pulsioni confusionarie, puro intrattenimento.

Nel mezzo, le loro migliori composizioni (All Through The City, Roxette, She Does It Right: irresistibili), altre che ben mostrano che sorta di cazzari fossero (20 Yards Behind è pur sempre una canzone che parla del camminare qualche passo dietro la propria donna per guardarle il culo), una grandiosa interpretazione di I’m A Hog For You Baby dei Coasters e molto, molto altro.

Blues, boogie, un palco lercio che ospita una sezione ritmica indomita, Brilleux con una voce tutta gola una fisicità prorompente: la quintessenza del r&r, grezzo e coinvolgente.

Dopo questo live i Dr. Feelgood – che già avevano alle spalle due dischi, Down By The Jetty e Malpractice, certo riusciti ma in quanto a cogliere il punto qui siamo su un altro livello – non furono più gli stessi: Sneakin’ Suspicion arrivò nel maggio 1977 ma ormai l’Inghilterra guardava ad altro; Wilko mollò la band, che continuò a lungo e continua ancora oggi nonostante la morte di Brilleux e l’abbandono di tutti i suoi membri originari.

Stupidity rimane lì, una meravigliosa anomalia anacronistica nella terra di nessuno, un attimo prima che i ragazzi si tagliassero le chiome prog e si dedicassero alle giacche di pelle e adottassero le acconciature affilate del punkTimeline semplicistica, certo, ma in fondo è stato un attimo e basta.

1 comment on “Dr. Feelgood – Stupidity

  1. Pingback: Dr. Feelgood – Down By The Jetty – Non Siamo Di Qui

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