Appunti

Editoriale: Bon Iver, MTV, le canzoni di una volta ed il pop.

È un puzzle, anche se forse un po’ stiracchiato.

Stamattina riascoltavo Do You Love Me dei Contours, e un sacco di roba Motown. Sto leggendo, in questi giorni, Alta Fedeltà di Nick Hornby. Mi sono poi imbattuto in questo post sul blog di Bon Iver. Dev’esserci qualcos’altro ma al momento mi sfugge.

Comunque, a Justin Vernon non è evidentemente piaciuto l’annuale show degli MTV Music Awards della scorsa settimana. Condivisibile. Viene da chiedersi, esattamente come lui, dove sia il punto: abbiamo bisogno di tutto quel fumo? Niente musica, ma gossip (Beyoncé è incinta, wow!), vestiti, (false) smancerie da alta classifica. «Why do we NEED this shit so bad? Why don’t we just have MUSIC? DO music? soul? I don’t know», s’interroga Bon Iver, poi alza il tiro contro MTV, che – dice – 15 anni fa aveva forse l’occasione di diventare un punto di riferimento mondiale per la musica e la cultura tutta e l’ha gettata via.

È un discorso che va avanti da Video Killed The Radio Star: hai tutto quel potere, che ne farai?

È innegabile che gli anni migliori e creativi di MTV siano passati da tempo. Avete provato ad accenderla di recente? No perché è un coacervo di reality buoni solo a vendere spazi pubblicitari (scusate, ora interromperemo la pubblicità per mandare in onda qualche minuto Teen Mom), chissà poi per quanto. Insomma, quando negli anni ’90 si diceva male di MTV, MTV era oro a confronto.

MTV (adesso sì, più che mai, empty-v) contribuisce (largamente) a trasmettere un messaggio disturbante, imbevuto di glitter, vacuo. Justin Vernon chiama questa cosa SHIT, che probabilmente è la definizione più breve e facile. Vuol dire che il focus non è sulla musica, è sull’immagine peggiore che si possa pensare, e il messaggio che filtra è che il successo ti dà quella cosa lì: i vestiti, l’abbracciare Beyoncé incinta congratulandosi con lei, fingere lacrime mentre t’inquadrano.

Il successo per il successo, fine a se stesso. Perché sei famoso? Che hai fatto? Vuoi diventare famoso, ma perché dovresti esserlo? Insomma, la popolarità come fine e non come conseguenza del talento (eventuale).

E allora forse c’è anche che le canzoni date in pasto al pubblico di massa oggigiorno trasmettono loro stesse questa cosa qui. I ragazzini che risparmiavano dollari sudatissimi per compare un vinile Motown non sognavano di atteggiarsi come i Contours, ma di avere il medesimo dono, lo stesso dannato talento, e magari essere ammirati e pagati per questo.

Potremmo mai dire, mettendo su uno di questi brani che ci massacrano dalla radio, «we learned more from a three minute record than we ever learned in school» come cantava Springsteen? No. (a meno che non si stia parlando di imparare a passarsi lo smalto rosa, o a perdere peso, ma dubito che il Boss volesse intendere questo)

Non c’è nulla di male ad ascoltare le canzonette, hanno ritmo, ma non hanno soul.

Allora poi finisci che hai ascoltato una carrettata di dischi di quelli che su MTV non passerebbero mai, magari quindi pensi di essere dalla parte giusta, e salta fuori una strana teoria di Nick Hornby (lui stesso, peraltro, co-responsabile di uno dei migliori album dello scorso anno): forse, chi ha ascoltato così tanta musica pop, è meno felice degli altri. Troppi pensieri per divertirsi. Come aver ricevuto una rigida educazione sentimentale.

Però ora, prima di pensare davvero a questa strana prospettiva (e prima di deragliare definitivamente), rimetto su i Contours.

Ah, e su MTV c’è in free download la nuova di Wavves. Il che, comunque, non sposta una virgola.

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