Dischi Greatest Hits / Best Of

Eric Clapton – Backtrackin’

Qualcuno si è mai preso la briga di rispolverare e magari ripubblicare questa antologia di Eric Clapton?

Perché sarebbe il caso, anche se dando troppo peso alla copertina (che risente in pieno dello stile del periodo: 1984), Backtrackin’ rischia di passare per una raccolta di quelle da supermercato.

In realtà è una miniera d’oro: c’è praticamente tutto quello che serve conoscere e mandare a memoria su Mr. Slowhand dal 1966 al 1980 e forse tanto basta.

Si potrebbe obiettare che mancano alcune cose significative, in particolare il sodalizio con John Mayall (ancora prima l’esperienza con gli Yardbirbds, ma fu più importante per loro che per lui), e poi Unplugged e Riding With The King, queste le uniche uscite davvero degne di nota che siano databili oltre questa raccolta (rispettivamente: 1992 e 2000). Ma si tratta di storie particolarissime e a sé stanti.

Backtrackin’ rappresenta perfettamente il Clapton del periodo Cream attraverso brani indispensabili come Sunshine Of Your Love, Tales Of Brave Ulysses, Strange Brew, Spoonful, persino Badge scritta con il sodale George Harrison, e con un assaggio delle loro spettacolari esibizioni dal vivo (Crossroads); poi accarezza i Blind Faith (Presence Of The Lord e la incredibile versione di Can’t Find My Way Home, che qui è del solo Clapton – però entrò nel suo repertorio proprio grazie ai trascorsi con Steve Winwood, Ginger Baker e Ric Grech) e passa a Derek & The Dominoes.

Questa formazione, messa insieme da EC praticamente per assistere Harrison nella registrazione dell’epocale All Things Must Pass, ebbe vita brevissima ma gli servì per vincere la resistenza a lanciarsi sul mercato a proprio nome; il risultato è che a Derek & The Dominoes vanno accreditate un capolavoro come Lyla, la rilettura narcotizzante di Little Wing (Hendrix) e quella live di Have You Ever Loved A Woman (Freddie King, 1961).

Impossibile, tra l’altro, non leggere in quest’ultima un diretto riferimento alla prepotente infatuazione di Clapton per Pattie Boyd, all’epoca moglie dello stesso Harrison: finirono per sposarsi nel 1977 e divorziare nel 1989you just love that woman so much it’s a shame and a sin. / But all the time you know she belongs to your very best friend..»).

Backtrackin’ rappresenta al meglio anche il Clapton puramente solista: un artista di enorme successo alla costante ricerca di qualcosa che non sarebbe mai più tornato, perso in un mare di eccessi ma curioso ed ispirato a sufficienza da sdoganare Bob Marley rivisitando I Shot The Sheriff (e la tradizionale Swing Low Sweet Chariot a ritmo rocksteady), scovare J.J. Cale e fargli raggiungere le masse con Cocaine.

Oltre a questo, uno capace di scrivere una serie di brani smaccatamente e perfettamente pop per assicurarsi fama e introiti (Wonderful Tonight, Lay Down Sally, Let It Rain, Promises). Roba da far storcere il naso a tutti i critici e comunque a tutti coloro che rinfacciavano (e continuano a rinfacciare) a Clapton di essere uscito troppo dal seminato blues che lo aveva reso leggenda quasi ancor prima che maggiorenne.

In definitiva: Backtrackin’, che ha l’unico difetto di non seguire il nostro in ordine cronologico ma random, è un compromesso perfetto di tutto questo percorso. Starà a voi, dopo aver consumato questa raccolta, decidere se approfondire o fermarvi lì. Entrambe le scelte sono legittime, ma solo in un caso c’è il rischio di rimanere un po’ delusi.