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Eric Clapton – Old Sock

clapton_old_sockMa c’è qualcuno a cui ancora interessa un disco di Eric Clapton? Un disco che peraltro non ha nulla di nuovo, solo un paio di inediti e tante rivisitazioni di brani (praticamente) preistorici, che vengono dritti dritti dall’infanzia di Mr. Slowhand?

Un po’ nel senso che l’operazione nostalgia è sicuramente più interessante e riuscita di quella messa in piedi da Paul McCartney lo scorso anno con Kisses On The BottomE anche perché Old Sock avrà pure un’atmosfera rilassata (rilassatissima), ma il mood è tut’altro che da ospizio.

Si dice che invecchiando si ritorna bambini, no? Ecco. A partire dal reggae (un amore mai sopito) di Further On Down The Road, in compagnia di Taj Mahal, fino alla conclusiva, intimissima rivisitazione di George e Ira Gershiwin (Our Love Is Here To Stay) è il chiudersi di un cerchio.

Lui, manolenta, dice che a 70 anni (ne rimangono solo 3) si ritirerà: intanto duetta splendidamente con il suo eroe J.J. Cale (Angel), con McCarntney (All Of Me), con Chaka Khan (Gotta Get Over), e con il fido Steve Windwood (Still Got The Blues) in una serie di omaggi al passato che si tingono spesso di nostalgia (Goodnight Irene di Lead Belly), saggezza (Till Your Well Runs Dry di Peter Tosh) e bozzetti di amore domestico (The Folks Who Live On The Hill).

Ma non c’è nessun intento di strappare lacrime, solo di suonare e magari, magari, di fare pace e sentirsi bene, e se c’è qualche amico intorno pure meglio.

Tutto qui: i tempi di Eric Clapton is god scritto sui muri della metro di Londra sono lontani, bisogna accettarsi così, con tutte le rughe e il grigio, e il proprio bagaglio.

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