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Fabio Andriola & Alessandra Gigante – Il Codice McCartney

La leggenda della morte di Paul McCartney (“PID“, ovvero Paul is dead) si sviluppa in modo del tutto particolare.

Primo: non c’è una rockstar deceduta ma avvistata e data per viva e vegeta in qualche luogo sperduto, lontano dalle folle (vedi Elvis o Jim Morrison). Al contrario il soggetto in questione è vivo ma secondo alcuni non si tratterebbe del “vero” Paul. Sostanzialmente, McCartney sarebbe morto nel 1966 e da allora (!) sostituito da un sosia; e non uno qualunque: un sosia con un gran talento nello scrivere le canzoni in pieno stile McCartney (tra le altre cose).

Secondo: a rivelare questo segreto sarebbero stati i suoi stessi compagni, che da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club in poi avrebbero disseminato nei dischi dei Beatles una serie di indizi volti a far scoprire “la verità”. Ancora, le tracce sarebbero rinvenibili – dopo lo scioglimento dei Fab Four – nei lavori solisti di John Lennon e di Paul McCartney stesso.

Considerato poi che questi “indizi” (in alcuni casi si tratta di forzature evidenti, altre volte decisamente meno) risalgono a ben prima che la storia prendesse piede (o forse, da prima che il fatto fosse “rivelato” – 1969), c’è da chiedersi se siamo di fronte ad un enorme caso di allucinazione collettiva, e non è davvero successo nulla, o ad una vicenda incredibile, oppure ancora ad un piano ben architettato a metà strada tra il cover up, il marketing e la caccia al tesoro per fanatici.

Il Codice McCartney è un percorso ottimamente congegnato per far riflettere gli scettici, appassionare i neofiti e (in parte) infondere certezze ai complottisti. Fabio Andriola e Alessandra Gigante raccontano la vicenda seguendo due filoni narrativi ben precisi.

Il primo è la storia dei Beatles – dall’addio improvviso alle scene allo scioglimento – letta alla luce della leggenda della morte di McCartney; il secondo è il resoconto delle ricerche sul caso portate aventi dagli autori stessi.

È probabilmente la prima volta che qualcuno filtra PID attraverso le moderne tecniche investigative, applicando “il metodo C.S.I.”. Il risultato è (in parte) sorprendente. Ci si arriva attraverso l’analisi delle foto, della grafia, della voce, oltre che di tutta la simbologia disseminata negli album dei Beatles e oltre (che nulla ha di scientifico, ovviamente, si tratta di congetture – fondate o meno).

L’ipotesi più plausibile è che, tra le pieghe della storia dei Fab Four un sosia effettivamente ci sia, o ci sia stato. Quel che è certo, però, è che non sapremo mai davvero come sono andate le cose. McCartney si guarda bene dal raccontare la verità, anzi, ha soffiato sul fuoco della leggenda sino a tempi recentissimi e ha contribuito non poco ad alimentare sospetti con reticenze e comportamenti mai chiariti. Lennon se n’è andato, così come George Harrison. Ringo.. nessuno ha mai contato su di lui in ogni caso. E i collaboratori stretti dei Beatles, sinora, si sono guardati bene da rivelare i molti segreti che circondano ancora oggi il gruppo (così come Yoko Ono e Heather Mills – che hanno fatto chiaramente intendere di saperla lunga).

Il Codice McCartney, insomma, non si limita a mettere insieme i pezzi del puzzle PID, ma è un saggio per molti tratti sorprendente.

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