Il fine settimana appena trascorso ha segnato il 40° anniversario della pubblicazione di Unknown Pleasures e la ricorrenza è stata festeggiata con una marea di omaggi, tributi e sufficiente hype perché il debutto dei Joy Division (con tutta probabilità) ora entri per la prima volta nella top ten inglese.
Vi segnaliamo le cose che abbiamo trovato più interessanti, mettetevi comodi perché ce n’è abbastanza per arrivare fino al 50°.
E prima che ve lo chiediate: ovviamente no, quello che segue non risponde alla domanda se tutti coloro che indossano quellat-shirt abbiano davvero idea di cosa sia stata la band di Ian Curtis, ma ci piace pensare (illuderci?) che da quarant’anni a questa parte questo album sia una continua riscoperta, di generazione in generazione, anche grazie a momenti di questo tipo.
Cominciamo dalle iniziative ufficiali: la riedizione speciale di Unknown Pleasures in vinile rosso e artwork bianco (come voleva la band: l’inversione di colori poi passata alla storia fu iniziativa del grafico Peter Saville) e soprattutto la serie Unknown Pleasures: Reimagined, cioè un un video per ogni brano dell’album; il primo pubblicato è I Remember Nothing ad opera dei registi islandesi Helgi & Hörður.
Manchester è stata l’epicentro delle celebrazioni, ovviamente.
In tre punti diversi della città, nel pomeriggio di sabato 15 giugno, sono state distribuite gratuitamente delle magliette commemorative, rigorosamente bianche, con l’invito ad effettuare donazioni in favore di The Calm Zone (servizio telefonico e via chat messo creato da Calm, associazione che si occupa di prevenire i suicidi – prima causa di morte in Inghilterra tra gli uomini sotto i 45 anni) e Big Change MCR (struttura cittadina che fornisce sostegno psicologico ed economico a persone senza fissa dimora e senza lavoro).
E ancora, al tramonto, sui palazzi del centro sono state proiettate una serie di immagini a tema. È ovviamente frustrante pensare al confronto tra quale fattore culturale rappresenti lì la musica, rispetto a quello a cui siamo abituato in quest’altro Paese.
BBC Radio 6 ha dedicato ad Unknown Pleasures uno speciale di due ore e mezzo condotto da Mary Anne Hobbs, nel corso del quale l’album è stato suonato per intero da vinile e sono intervenuti – tra gli altri – i principali protagonisti di quell’esperienza: Peter Hook , Bernard Sumner e Stephen Morris (tutti ancora molto sorpresi della attualità dei Joy Division, «una cosa – dice Hook – che avevamo accantonato dopo la morte di Ian, che avevamo lasciato lì mentre eravamo impegnati a costruire i New Order»), Peter Saville (che ha ricordato come avesse solo una vaga idea della band al momento di progettare la copertina di quel disco) e lo scrittore Jon Savage (allora giovanissimo recensì Unknown Pleasures per Melody Maker, oggi è fresco autore di This searing light, the sun and everything else: Joy Division, The Oral History). C’è persino Ian Curtis, nella sua ultima intervista prima di andarsene.
Tra i molti articoli comparsi sulle testate on line scegliamo questi:
l’Indipendent ha cercato di spiegare come una band che appena un anno prima suonava ancora in modo tale da far sembrare «i Fall melodicamente sofisticati ed i Buzzcocks come Beethoven» (la prova sta su Substance) sia arrivata a produrre uno degli album più importanti di sempre;
The Vinyl Factory ha riproposto un pezzo del 2016, un’intervista a Stephen Morris incentrata sui particolari metodi utilizzati da Martin Hannett per registrare Unknown Pleasures;
The Quietus ha dedicato all’album l’intera rubrica Baker’s Dozen: tra i molti interventi Brett Anderson (Suede), lo scrittore Irvine Welsh, Bob Mould, la stessa Mary Anne Hobbs;
Il fine settimana appena trascorso ha segnato il 40° anniversario della pubblicazione di Unknown Pleasures e la ricorrenza è stata festeggiata con una marea di omaggi, tributi e sufficiente hype perché il debutto dei Joy Division (con tutta probabilità) ora entri per la prima volta nella top ten inglese.
Vi segnaliamo le cose che abbiamo trovato più interessanti, mettetevi comodi perché ce n’è abbastanza per arrivare fino al 50°.
E prima che ve lo chiediate: ovviamente no, quello che segue non risponde alla domanda se tutti coloro che indossano quella t-shirt abbiano davvero idea di cosa sia stata la band di Ian Curtis, ma ci piace pensare (illuderci?) che da quarant’anni a questa parte questo album sia una continua riscoperta, di generazione in generazione, anche grazie a momenti di questo tipo.
Cominciamo dalle iniziative ufficiali: la riedizione speciale di Unknown Pleasures in vinile rosso e artwork bianco (come voleva la band: l’inversione di colori poi passata alla storia fu iniziativa del grafico Peter Saville) e soprattutto la serie Unknown Pleasures: Reimagined, cioè un un video per ogni brano dell’album; il primo pubblicato è I Remember Nothing ad opera dei registi islandesi Helgi & Hörður.
Manchester è stata l’epicentro delle celebrazioni, ovviamente.
In tre punti diversi della città, nel pomeriggio di sabato 15 giugno, sono state distribuite gratuitamente delle magliette commemorative, rigorosamente bianche, con l’invito ad effettuare donazioni in favore di The Calm Zone (servizio telefonico e via chat messo creato da Calm, associazione che si occupa di prevenire i suicidi – prima causa di morte in Inghilterra tra gli uomini sotto i 45 anni) e Big Change MCR (struttura cittadina che fornisce sostegno psicologico ed economico a persone senza fissa dimora e senza lavoro).
E ancora, al tramonto, sui palazzi del centro sono state proiettate una serie di immagini a tema. È ovviamente frustrante pensare al confronto tra quale fattore culturale rappresenti lì la musica, rispetto a quello a cui siamo abituato in quest’altro Paese.
BBC Radio 6 ha dedicato ad Unknown Pleasures uno speciale di due ore e mezzo condotto da Mary Anne Hobbs, nel corso del quale l’album è stato suonato per intero da vinile e sono intervenuti – tra gli altri – i principali protagonisti di quell’esperienza: Peter Hook , Bernard Sumner e Stephen Morris (tutti ancora molto sorpresi della attualità dei Joy Division, «una cosa – dice Hook – che avevamo accantonato dopo la morte di Ian, che avevamo lasciato lì mentre eravamo impegnati a costruire i New Order»), Peter Saville (che ha ricordato come avesse solo una vaga idea della band al momento di progettare la copertina di quel disco) e lo scrittore Jon Savage (allora giovanissimo recensì Unknown Pleasures per Melody Maker, oggi è fresco autore di This searing light, the sun and everything else: Joy Division, The Oral History). C’è persino Ian Curtis, nella sua ultima intervista prima di andarsene.
Tra i molti articoli comparsi sulle testate on line scegliamo questi:
Dal canto nostro, possiamo tornare a consigliarvi Joy Division: Tutta La Storia, scritto da Peter Hook. Oltre alla “interpretazione autentica” di quel periodo, troverete un curioso percorso traccia per traccia attraverso Unknown Pleasures. E se lo streaming è roba vostra, sappiate che Stephen Morris ha scritto nuove “note di copertina” per Apple Music.