C’è qualcosa, in questo Kiss Each Other Clean, che richiama direttamente un fantasioso sud degli States.
Quello di O Brother, Where Art Thou?, per capirsi, che è vero e livido e poi in attimo succedono cose incredibili come ritrovarsi ranocchi dopo un incontro con delle ninfe.
Iron & Wine concentra in 42 minuti un’epopea lussurreggiante nella quale affoga a piacimento le radici folk e blues.
Le tiene ammollo nel gospel (come nell’iniziale Far Away From Home, surreale e grandiosamente intima), nelle suggestioni funk (Me And Lazarus, Big Burned Hand), e se ne esce con folgoranti abbagli pop (Tree By The River, amarissima).
Samuel Beam riesce a sbarazzarsi definitivamente dell’indie folk (non dell’iperbarba, e va benissimo così) e creare un percorso personalissimo; insomma, a prendere in mano la tavolozza dei colori (sniffare un po’ di colla) e iniziare a pastrocchiare come un bambino entusiasta.
Che poi data la facilità con cui scrive storie e quella voce ultraterrena avrebbe potuto fare tutto questo ben prima è un’altro discorso, e forse il cambio di etichetta dice molto (dalla Sub Pop alla 4AD: non è un dettaglio).
La sensazione è che Kiss Each Other Clean potrebbe essere solo la prima goccia colorata, per quanto già spettacolare.
0 comments on “Iron & Wine – Kiss Each Other Clean”