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Jagwar Ma – Howlin

jagwar_ma_howlinPer quanto possa sembrare improbabile, questo debutto degli australiani Jagwar Ma riesce ad acchiappare il suono della Madchester di fine ’80/inizio ’90, ficcarlo su una macchina del tempo e portarlo qui, oggi.

I nomi sono quelli, scontati perché intramontabili: Stone Roses, Happy Mondays, A Guy Called Gerald, i Primal Scream di Screamadelica, ma anche roba tipo Quando Quango o Section 25. Howlin leva loro di dosso un sacco di polvere e porta quel verbo ai millennials (e alle generazioni successive).

Probabilmente la cosa più incredibile è che lo fa senza apparente sforzo, con convinzione e concretezza fuori dal comune.

Non solo i Jagwar Ma dimostrano di conoscere l’equilibrio perfetto tra groove, psichedelia e disimpegno (Exercise sta lì a dimostrarlo),  ma anche di potersi tuffare in atmosfere flower power con  notevole disinvoltura (That Loneliness, Let Her Go), di saper inventare melodie spettacolari (e sono molte: Did You Have To, Man I Need, Come Save Me, Uncertainty) e – in chiusura – di dominare la componente più sintetica del loro suono creando una mareggiata psicotropa e dolcissima come Backwards Berlin.

Howlin ha entusiasmato molti (come Noel Gallagher: uno che se ne intende) e in qualche modo rappresenta il contraltare danzereccio di un album come Sun Structures dei Temples (non a caso il loro split è una delle migliori uscite del Record Store Day 2014).

Bollarlo come un album nostalgico o – peggio – una copia carbone del tempo che fu è un errore grossolano: manca, rispetto ad allora, ogni carica politica ed ogni istanza sociale che era possibile leggere nelle band del tempo (Manchester è molto distante da Sidney e, comunque, i tempi sono molto cambiati, non necessariamente in meglio); i Jagwar Ma hanno comunque trovato una loro rilevanza attraverso questa formula ipnotica che oscilla tra luci strobo al rallentatore e anfetamine, tra riflessi offuscati ed eccitazione da weekend.