Dischi

Jimmy Cliff – Rebirth

Jimmy-Cliff-RebirthEra dal 2004 che Jimmy Cliff non si faceva sentire con qualcosa di nuovo; torna, all’alba dei 64 anni, con questo Rebirth prodotto da Tim Armstrong dei Rancid.

Per tutti noi che i soundsystem di Kingston li abbiamo solo immaginati, e che però una lacrimuccia ogni volta che incrociamo Many Rivers To Cross la versiamo eccome, è una splendida notizia a prescindere.

Ma come capita spesso ultimamente (v. Dr. John – Dan Auerbach, Bobby Womack – Damon Albarn) l’incontro intergenerazionale si rivela è più che rivitalizzante.

Cliff certamente vorrebbe apparire più giovane (e di molto, vedi la copertina dell’album), in realtà è il suo suono a non avere rughe, e nel 2012 è potente, concentrato, spietato; e anzi, è un poco confortevole sentire che anche uno che la sa indubitabilmente lunga come lui non sia davvero a proprio agio con questo casino di mondo (World Upside Down), e rivendichi spazio in una realtà che gli è aliena (One More).

Poi lui, il maestro, rende omaggio a due diverse generazioni di punk: ai Clash – tra i primi ad ascoltare davvero il suono della Jamaica -, sostituendo il fuoco con il miele su The Guns Of Brixton, e ai derivativi Rancid (Ruby Soho: e qui, è molto meglio questa versione rocksteady).

Reggae Music, a dispetto del titolo e dal ritmo trascinante è tutt’altro che disimpegnata («1966 there was a new consciousness / the civil rights, the Vietnam war and the independence from the British colonialism / rocksteady music was expressing all of this…»), piuttosto un salto attraverso decenni e decenni di storia e storie («now 2012 reggae music is still there / is the voice of people everywhere / whenever there is injustice and tiranny reagge music is there, standing up for the rights»).

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