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Jimmy Smith & Wes Montgomery – Jimmy & Wes The Dynamic Duo

jimmy-smith-wes-montgomery-the-dynamic-duoJohn Leslie Montgomery, per tutti semplicemente Wes, era un ragazzone dell’Indiana con un grosso callo sul pollice destro, cresciutogli a forza di pizzicare la sua sei corde di notte per non dare fastidio ai vicini; leggenda vuole che sia questo il segreto della sua abilità, e in fondo del suo successo: è considerato da molti il più grande chitarrista jazz mai vissuto.

Jimmy Smith, dai natali oscuri (1925? 1928?), già dall’età di sei anni seguiva il padre che sui palchi della Pennsylvania portava in giro il suo spettacolino fatto di balli e canzoni; ad un certo punto, folgorato sulla via del jazz, a metà degli anni ’50 scoprì l’organo Hammond e a lui si deve – non solo gran parte dello sviluppo delle potenzialità di quello strumento, ma anche – la possibilità di poter ascoltare un tocco che unisce il jazz al soul e che non ha mai avuto rivali.

La mitica etichetta Verve li mise insieme nel 1966 e ne uscirono due dischi incredibili: questo Jimmy & Wes The Dynamic Duo ed il successivo (di qualche mese) Further Adventures of Jimmy & Wes, entrambi prodotti da Creed Taylor – uno il cui ricordo oltre alla cerchia di addetti ai lavori forse s’è perso da un po’, ma basti dire che fu lui a far scoprire la bossanova al mondo “importandola” dal Brasile agli States nei primi ’60.

Il resto della squadra era composta da Ray Barreto (congas), Grady Tate (batteria) ed una sezione di ottoni di prim’ordine: sentire per credere i quasi 7′ di Night Train di Duke Ellington (qui Happy-Go-Lucky Local), in quei momenti prima che Wes esploda soffice in un assolo che chiude il cerchio tra il jazz ed il blues: sono dinamiche incredibili, leggere come una big band non poteva essere, ma pure più potenti.

E ancora: 13 (Death March) sembra il paradigma sul quale Santana ha fondato un’intera carriera, tra misticismi latineggianti, fiati che entrano ed escono improvvisamente (ancora una volta, sembra il Duke Ellington di Anatomy Of A Murder), assoli acuti dell’organo e poi, dal minuto 2’40” la chitarra che si fa strada nota dopo nota tra le percussioni – per poi sfociare in quella melodia riconoscibile, sensuale e lussureggiante.

Dei giganti, davvero: dai 10′ ritmici dell’iniziale Down By The Riverside fino alla bonus track O.G.D. (nell’attuale ristampa), somma massima di due gemelli separati alla nascita, questo The Dynamic Duo si concretizza in 40′ che possono far riscoprire il pacere dell’ascolto più primordiale.

Perché Jimmy e Wes si tenevano ben lontani dai virtuosismi sterili, dallo sfoggio di null’altro che non fosse pura allegria: la fusion intera è una stortura di questo loro primo incontro. Easy listening istintiva, che a quasi cinquant’anni di distanza finisce facile sul tasto repeat.

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