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Joe Strummer & The Mescaleros – Streetcore

streetcoreLa morte improvvisa di Joe Strummer, esattamente dieci anni fa, lasciò sgomenti molti.

Per la statura dell’uomo, certo, per il mito, la grandezza, perché i Clash sono ancora the only band that matters.

Ma anche chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo o di vivere davvero nella sua epoca, può cogliere un perché più profondo leggendo quanto (molto) è stato scritto di lui, guardando i vecchi filmati.

Strummer, punk della prima ora figlio di un diplomatico inglese trapiantato in Turchia, era un man of the people, nell’accezione più marcatamente socialista e marxista.

Ogni suo gesto, anche quando nella stagione folle del punk londinese rifilava colpi di Dr. Martens agli esagitati delle prime file, era carico di umanità. Le sue canzoni spesso erano veri e propri precetti, i suoi gesti e modi di fare lo stesso, retti dalla coerenza più profonda, da un credo pagano inalterato dalla celebrità.

Era chiaro che avesse ancora molto da dare e da dire, quel giorno in cui si è arreso improvvisamente ad una malattia cardiaca mai diagnosticata.

Destino beffardo: lui, che sempre aveva lottato, scalciato e sputato, privato di questa possibilità proprio nel momento topico. Si potrebbe leggere così: l’unico subdolo tranello per portarselo via, perché Joe non si sarebbe lasciato trascinare di là facilmente, c’è da giurarlo.

E così, un anno dopo, la sua gang di allora finì di mettere insieme questo Streetcore.

A prescindere dal tragico evento, era ed è un regalo bellissimo. Quanti grandi se ne vanno lasciando qualche traccia su cui altri, presunti eredi, si fondano a mettere le mani, pubblicare il tutto e spacciarlo in giro come testamento.

No, il punto è che Streetcore è per davvero il testamento di Joe Strummer, oltre che il disco migliore della sua ultima armata, i Mescaleros.

E come ogni testamento che si rispetti, guarda indietro, lascia qualcosa a chi legge, soprattutto, commuove fino alle lacrime.

Impossibile non lasciarsi andare nei due minuti finali, quando Joe imbraccia la chitarra (e ce lo immaginiamo così, come l’ultima cosa che ha fatto), e si impossessa del blues agrodolce di Bobby Charles Before I Grow Too Old (qui ribattezzata Silver And Gold): «I’m gonna go out dancin’ every night / I’m gonna see all the city lights / I’ll do everything silver and gold /I got to hurry up before I grow too old .. I do a lotta things I know is wrong / hope I’m forgiven before I’m gone / It’ll take a lotta prayers to save my soul / and I got to hurry up before I grow too old..».

Altrove chiude il cerchio della rivoluzione, rivisitando Redemption Song, chiamando ancora alle armi (Arms Aloft), evocando i Clash (London is burning / don’t tell the Queen!) e immaginando una giornata dedicata agli Ultimi (Ramshackle Day Parade) e riprendendosi Long Shadow, scritta per (e rifiutata da) Johnny Cash.

Quello che più stupisce è che Streetcore sia un’opera compiuta, serena e consapevole, che sa allo stesso tempo di vita (Coma Girl) e mortalità, come se Strummer avesse intuito che il suo orizzonte si stava piano piano chiudendo.

2 comments on “Joe Strummer & The Mescaleros – Streetcore

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