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Julie’s Haircut – Ashram Equinox

ashram_equinox_julies_haircutA mindscape journey with Julie’s Haircut: le parole usate per presentare il nuovo album dei modenesi Julie’s Haircut non mentono e anzi sembrano quasi riduttive.

Anche solo scorrendo la tracklist, ci si accorge di essere dentro un viaggione: titoli che sanno di esoterismo, di qualcosa che a tratti richiama il soprannaturale, per non parlare poi del fatto che il disco ha – in effetti – due title tracks.

 E i primi passi di questo percorso sono le dissonanze pianistiche ed il ritmo circolare del basso di Ashram, rotti dai (rin)tocchi della batteria, che poi si fa nervosa e scandisce il tempo di un jazz spettrale: il tutto diventa un inseguimento serratissimo tra echi e suoni sussurrati. Veloce nonostante il minutaggio.

Equinox vive invece di sembianze orientali, un sitar ed il roboante silenzio di un monastero sperduto da qualche parte sulle montagne indiane, soli in questo enorme spazio tra fruscii, tintinnii e acqua che gocciola.

E’ un disco pieno di fantasmi, e accessibile come gli inferi per i peccatori: dal carillon lussureggiante di Tarazed, passando per le percussioni quasi rocksteady di Johin a quelle quasi ledzeppeliane di Taarna, Ashram Equinox si poggia sulla fantasia, sulle paure e sulle ripetizioni.

I Julie’s Haircut non giocano affatto a nascondersi tra i loop di Sator o nella quasi sacralità di Han; sfrontatamente, e con ritmo incalzante, creano un prisma autunnale e profondamente contemporaneo, che si basa in egual misura sul ritmo e sulla sospensione.

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