Appunti

Intervista: Julie’s Haircut

Incontriamo i Julie’s Haircut a Manchester, appena scesi dal piccolo palco del Night People, appena finita la prima data del loro mini tour inglese, (quasi) appena atterrati.

Nicola è sfatto ma visibilmente entusiasta. Ci invita sui divanetti rossi in fondo alla sala e attacchiamo a parlare mentre si asciuga il sudore, gentilissimo con chiunque si faccia avanti per un saluto. Il locale è poco più di uno scantinato ben attrezzato in pieno centro e non era gremito, ma l’atmosfera decisamente elettrica.

«Siamo arrivati oggi pomeriggio – ci dice – siamo appena sbarcati ed è stato in qualche modo tutto molto concitato. In genere la prima data è sempre un po un rodaggio, invece è stata una bellissima serata e il pubblico molto partecipe, molto attento, entusiasta anche!».

È quasi incontenibile, pur non essendosi certo risparmiato. Questo giro nella terra d’Albione è reso possibile anche grazie a Italia Music Export, l’ufficio che la SIAE ha finalmente organizzato per sostenere le attività di promozione della musica italiana all’estero.

«È la prima esperienza con questo tipo di gestione di una tournée. Abbiamo partecipato ad un bando della SIAE che scadeva a giugno, senza grandissime aspettative: noi ormai ogni anno facciamo almeno un paio di tour, uno in primavera e uno in autunno all’estero e di solito tutto a nostre spese, nel senso che i locali non non hanno dei cachet altissimi; offrono l’ospitalità però più di tanto non si guadagna, quindi in genere copriamo sempre noi tutte le spese vive delle trasferte. In questo caso, invece, grazie al bando riusciamo a coprire parzialmente le spese e sicuramente i costi di trasferimento, trasporto e altre cose. Questa è quindi una bella opportunità».

Da qui la nostra chiacchierata esce per un attimo dall’attualità, una divagazione alimentata da un recente riascolto di Fever In The Funk House.

Il disco di debutto dei JH fa vent’anni l’anno prossimo e pare che Nicola questa distanza la senta tutta («difficilmente ripenso ai dischi che abbiamo fatto. Cioè può capitare magari a tanti, tantissimi anni di distanza. Fever non lo ascolto da un sacco di tempo e chissà, magari ora verrà anche voglia di tirarlo fuori dalla discoteca»), ma è ben lungi dallo sminuirne la portata («perchè è stato il nostro primo album, la nostra prima vera esperienza di registrazione in studio. È stato un disco che abbiamo registrato di fatto dal vivo, quindi con un impatto molto live in studio e che ci è servito anche poi  come musicisti, per crescere») e il suo pensiero diventa presto – giustamente – orgoglioso: «oggi siamo un gruppo molto diverso, ma secondo me i germi di quello che poi siamo diventati si sentivano già li. Anche se li avevamo ancora la “forma canzone”, mentre oggi noi facciamo cose diverse, secondo me c’è una linea di continuità molto forte con quel disco di  venti anni fa».

E nella narrazione di Nicola, i Julie’s Haircut di oggi sono anzitutto il frutto «di una sorta di evoluzione naturale, che è nata e cresciuta in seno al gruppo, proprio dal punto di vista strumentale, dal suonare insieme, dal fatto che ad un certo punto abbiamo deciso di abbandonare la forma canzone più tradizionalmente intesa e di avvicinarci più all’improvvisazione. Questo anche se non siamo un gruppo propriamente di improvvisazione: non siamo dei mostri, abbiamo mantenuto un approccio rock… non siamo certo dei musicisti jazz, che magari non si conoscono e subito riescono a creare delle forme di improvvisazione efficaci; però c’è sicuramente questa componente legata alla nostra evoluzione come gruppo, come insieme di musicisti».

Per altra parte, il suono sfoggiato in Ashram Equinox e spinto ancor più all’estremo in Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin proviene «dal nostro modo di riflettere sulla vita, sull’esistenza, magari anche da certe letture che abbiamo fatto in questi anni, a certi interessi che abbiamo coltivato». Qui Nicola pare quasi reticente, lo incalziamo: «un autore che interessa molto sia me che Luca è Jung, che si è occupato di psicologia, ma tantissimo anche di religione e spiritualità a trecentosessanta gradi. Se vuoi, oggi abbiamo anche un approccio più intellettuale, più riflessivo. Però sicuramente il punto di partenza, l’elemento più radicale e radicato, è l’evoluzione di noi come musicisti: senza di quello l’aspetto intellettuale non reggerebbe».

Prima di salutarci c’è giusto il tempo di una precisazione, ancora sul passato («la collaborazione con Sonic Boom si è concretizzata quando After Dark, My Sweet aveva già preso forma e lui ha partecipato ad alcuni arrangiamenti in brani che erano già stati registrati: non è stato fatto insieme a lui sin dall’inizio, ma è stata una cosa successiva», e poi con passo svelto e garbato Nicola si alza e raggiunge gli altri Julie’s Haircut: nei prossimi giorni sono attesi a Leicester, poi Brighton, Londra e Bristol, ad esportare il miglior made in Italy.

Il nuovo singolo dei Julie’s Haircut è un delizioso 12′ – Karlshrue / Fountain – e potete ascoltarlo qui: