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Junior Boys – So This Is Goodbye

junior boys so this is goodbyeWhen no one cares
and the phone never rings
the nights are endless thing
you’re like a child that cries
and no one heeds the crying
you’re like a star that dies
and seems to keep on dying

C’è un motivo se gli Junior Boys, sul finire del loro secondo disco, rileggono No One Cares di Frank Sinatra, immergendola in una notte sintetica e solitaria, fatta di sigarette, caffè, letti disfatti e lacrime da affogare sul fondo di un bicchiere.

È come la quadratura del cerchio: So This Is Goodbye è un album di sassi gettati in uno stagno di tristezza muta, di luci intermittenti che abbagliano un cuore sperduto e scombussolato.

È un’odissea, un’epopea soffusa di malinconia. È così anche quando si dischiude e alza i battiti quanto basta fino a creare un synth pop perfetto e martellante (In The Morning, Double Shadow, Count Souvenirs, The Equalizer: praticamente tutta la prima facciata).

C’è una profondità irradiante in questo disco, ma una precisione nell’andare a fondo tutt’altro che asettica: è pop music che poggia su strutture perfette per il dancefloor, non fosse che suona piuttosto come un sabato sera casalingo e totalmente uncool.

Il che rende So This Is Goodbye uno di quei dischi in cui gli anni zero si rispecchiano, con tutta la loro coolness confusa, e la loro retromania, che sfuma in nostalgia per un tempo che, in realtà, chi aveva vent’anni in quegli anni non ha mai vissuto.

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