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Kanye West – Late Registration

lnaye_west_late_registrationPubblicato nel 2005, Late Registration è ad oggi – con buona probabilità – il miglior album di Kanye West.

Con pari certezza, visto il personaggio, comunque non sarà ricordato solo per questo; però è proprio da Late Registration che nasce il Kanye West che conosciamo oggi.

Il debutto The College Dropout era stato un successo (non così stratosferico ma) sufficiente perché KW potesse provare a mettere in pratica certe idee che aveva in mente da un po’ di tempo: su tutte, l’impiego di un’intera orchestra (sulla scorta di quanto realizzato dai Portishead in Roseland NYC Live) e la produzione del polistrumentista di Jon Brion (nominato ai Grammys per le colonne sonore di Magnolia ed Eternal Sunshine Of The Spotless Mind), peraltro fino a quel momento completamente estraneo al mondo hip-hop.

Questi – ed una pletora di ospiti, tra i quali Adam Levine, Lupe Fiasco, Jay-Z, Brandy, Jamie Foxx – gli elementi che fanno di Late Registration un mondo a sé, anche a considerarlo parte di una quadrilogia di album che prendono le mosse dal tema dell’educazione (scolastica), qualcosa che Kanye West aveva visto ancor prima di inciderne uno soltanto (se ne può parlare fino a Graduation, ma ci rientrerebbe anche 808’s & Heartbreak?).

Ciò che stupisce ancora oggi a dieci anni di distanza – vale lo stesso per i Beatles, ai quali il già allora modesto KW si paragonava – non è soltanto la ricchezza sonora, ma il metodo di produzione.

I sample sono moltissimi e spesso sfacciati: si va dalle riconoscibilissime Move On Up (Curtis Mayfield), I Got A Woman (Ray Charles) e Diamonds Are Forever (Shirley Bassey) a gemme come My Funny Valentine (Etta James), It’s Too Late (Otis Redding) e Home Is Where The Hatred Is (Gil-Scott Heron); recentemente Whosampled ne ha creato una poderosa infografica.

West e Brion (nella maggior parte dei casi accreditato come coautore) li amalgamano nel tessuto sonoro fino a creare quello che è, a conti fatti, un disco smaccatamente pop che ruba all’hip-hop quasi soltanto il flow delle liriche (e la coerenza).

Le canzoni di Late Registration spingono per essere ascoltate in ogni dettaglio, per uscire dalle casse senza essere prepotenti, il rap di KW è maestoso ma non (ancora) arrogante; piuttosto, è melodico: tutto sembra pervaso da un tocco soffice e hooks che mirano a folle tutt’altro che gangsta.

I testi spaziano dall’introspezione alla critica sociale (globale più che particolare), l’io narrante vaga tra l’incerta modernità agli scatti d’orgoglio: per una volta, lo spaesamento narrato da un rapper appare tanto credibile quanto la sua prosopopea.

Il risultato? Un successo di critica e pubblico di proporzioni galattiche (che, si può dire con il senno di poi, ha dato la botta di adrenalina definitiva all’ego e all’autostima di Kanye): milioni di copie vendute (il paese in cui ha fatto peggio è il nostro: 65° posto in classifica), miglior disco dell’anno per Rolling Stone, il Grammy per miglior album rap/hip-hop nel 2006.

Cinque i singoli estratti: Diamonds From Sierra Leone, Heard ‘Em Say (in cui Adam Levine, per la prima volta, non pare totalmente inutile), Touch The Sky, Drive Slow e il più grosso di tutti, Gold Digger – una canzone che ha rischiato di non esistere: leggenda vuole che KW l’avesse offerta a Shawnna (chi?) e solo di fronte al suo rifiuto abbia ricominciato a lavorarci su; ma si trattava di una versione primordiale (più o meno questa, possiamo immaginare): il campionamento di Ray Charles e il featuring di Jamie Foxx furono inseriti solo dopo che Kanye vide quest’ultimo recitare in Ray.

Guardando oltre il successo commerciale, il vero colpo di genio di Kanye West, maturato e sfociato in Late Registration, è stato di recidere il cordone ombelicale con l’hip-hop e guardare altrove, alla contemporanea produzione pop e al soul/r&b vecchia scuola, ergendosi a modernissimo (ed altrettanto schizofrenico) Brian Wilson.

Il tutto, ovviamente, per realizzare un disco hip-hop che alzasse l’asticella e dettasse le tavole della legge per la sopravvivenza del genere nel nuovo millennio.

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