Dischi

Kanye West – Yeezus

kanye_west_yeezusÈ una delle ultime notti dell’anno e dio solo sa perché sto ascoltando Yeezus.

Non sono un grande fan delle disavventure di Kanye West (diciamo così), ma in questo 2013 è stato impossibile ignorarlo, anche a prescindere dal suo ultimo album.

Di Yeezus hanno parlato tutti, bene o male se n’è detto ovunque, tanto che anche Lou Reed ha dedicato a questo disco una recensione paragonandolo al suo Metal Machine Music (una sana follia).

Quindi sì, ecco perché ho messo le mie migliori cuffie e premuto play (a costo di fare la figura di quello che non capisce l’arte, o che non apprezza nulla che non sia almeno un po’ invecchiato).

La prima cosa è il fragore – digitale, voluminoso, altissimo – interrotto da improvvisi innesti melodici buttati dentro apparentemente a caso: succede nell’iniziale On Sight, e si ripete (almeno) su New Slaves, Hold My Liquor, I’m In It, Bound 2 (quella del più brutto video degli ultimi 100 mila anni… e a proposito, contiene anche un sample per cui Kanye è finito nei guai, e non è la prima volta).

Certe cose iperdistorte provocano lo stesso effetto dei My Bloody Valentine, ma il punto di tutto – che resta effettivamente (e questo mi sento di confermarlo appieno) la più grossa spacconata che potrebbe capitare di sentire registrata – è il volume usato come rivendicazione potente di sé, di un ego incontenibile. Persino la fastidiosissima sirena di Send It Up acquista senso in mezzo a tutto questo.

E non è onanismo, ma qualcosa di leggermente diverso: Kanye ci sta mostrando il cazzo e fa l’elicotterino con il suo aggeggio. C’è chi creava tele pisciandoci sopra, ci buttava lì colore e lo spargeva con mosse di tai chi, e poi c’è Yeezus.

Il fatto che si dica che solo lui avrebbe potuto partorire una cosa del genere, significa anzitutto che qualunque altro non sarebbe stato preso sul serio, né forse avrebbe avuto la possibilità di metterlo insieme: non bisogna dimenticare che in quest’opera convivono, tra gli altri, i Daft Punk (nella doppia veste autori / produttori), Justin Vernon, King Cudi e Frank Ocean (e che probabilmente Kanye stesso sognava di combinare un macello del genere da 808’s & Heartbeat).

C’è di tutto e di più (pure la Nina Simone di Strange Fruit), epopea sessuale compresa (damn your lips very soft / as I turn my Blackberry off: e da lì I’m In It è in caduta libera), ritmi che non lasciano scampo (sentire per credere: Black Skinhead è praticamente una cavalcata dei Deep Purple, solo che nessuno ci aveva mai rappato su), tonnellate di robotica e fastidio puro (molto spesso).

A fine ascolto, riascolto.
Riscolto e mi fanno pure male le orecchie.
Aveva ragione il vecchio Lou, pace all’anima sua, di qualunque asticella si tratti Kanye l’ha alzata di una spanna almeno: ma non serve a nulla, non lo potrà (vorrà?) seguire nessuno.
E anche se rimane il dubbio di essere davanti ad un genio o ad un pazzo, più che mai affrontando Yeezus bisogna ricordare che le due cose spesso coincidono.

1 comment on “Kanye West – Yeezus

  1. Pingback: Video: Kanye West - Yeezus promo video – Non Siamo Di Qui

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *