Eccolo, il seguito di Where You Go I Go Too. Abbiamo dovuto aspettare quattro anni e la verità è che l’attesa non è stata del tutto ripagata.
Nel senso che chi si aspettava da Lindstrøm un altro capolavoro space-disco probabilmente rimarrà (almeno in parte) deluso.
Hans Peter riesuma per il titolo del disco un suo vecchio nome d’arte (pescato da Tarantula di Dylan, a rimarcare le sue radici tutt’altro che danzerecce) e ci mette anche la voce, ogni tanto.
Six Cups Of Rebel è pieno di idee in effetti, ma rispetto al suo predecessore non le sviluppa linearmente, e non fa della ripetitività un’arma stellare. Piuttosto, sfrutta l’eclettismo e la voglia di far ballare sul serio e la mette al servizio di composizioni lunghe, che lavorano ai fianchi.
Insomma, il dancefloor cosmico non è stato messo da parte ma arricchito, calpestato, contaminato: Lindstrøm ce lo restituisce molto più terreno e mortale. Basta solo vedere se potremo perdonargli il fatto di averci ancorato quaggiù, al posto che farci alzare in volo.
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