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London Grammar – If You Wait

london_grammar_if_you_waitOltre il crepuscolo.
Fa un freddo spettacolare.
C’è questa cavolo di città che sta rientrando a casa a lavoro finito, io no. In direzione opposta, con un tè bollente in mano e il gelo che sale comunque. La cena è un traguardo ancora lontano.

Maybe I’m wasting my young years,
maybe..

E’ un momento perfetto per prestare ascolto ai London Grammar, anzi di più: per capirli.
Perché se sul serio Hannah Reid scrive – e ha scritto l’intero If You Wait – traendo ispirazione da persone “che vanno e vengono” nella sua vita, la disgregazione che questa città porta con sé e questa massa di gente accomunata solo dal buio, dal freddo e dalla fretta di tornare a casa sono una vera e propria materializzazione di tutto quel mondo, sullo sfondo emozionale dei pensieri di fine giornata.

Così, c’è i rischio di rimanere sopraffatti dalle strutture messe in piedi dai London Grammar, all’esordio eppure praticamente perfetti.
Facilmente bollati come una specie di replica degli XX, brillano invece di luce propria. Sì, forse c’era bisogno di avere l’intero If You Wait – uscito a settembre dopo una lunga rincorsa fatta di ep, remix, collaborazioni (tra queste anche con i Disclosure, altro fenomeno brit dell’anno) -, non solo frammenti del quadro, e certamente è una luce scurissima e meditabonda.

Per altro verso, non c’è dubbio che la parentela tra i London Grammar e gli XX sia stretta, ma riconducibile principalmente al fatto che entrambi questi terzetti creano (con i loro silenzi, con il loro suono spesso pacato e ovattato) un cuneo che li rende impossibili da ignorare anzitutto per lo spirito. E nel panorama attuale sono probabilmente gli unici a riuscirci davvero.

Quello che rende straordinario questo debutto è la profondità (Wasting My Young Years, Strong, Hey Now, Stay Awake e persino Nightcall, presa e messa lì direttamente dalla colonna sonora di Drive, spogliata di ogni componente robotica: una serie di singoli semplicemente perfetta) e il tono intenso e crepuscolare (ancora!) della Reid, che farà certamente storcere il naso a chi non ama moltissimo i lirismi vocali.

Ma If You Wait, nella sua intensa stranezza e apparente difficoltà relazionale riesce ad emozionare forte, anche oltre il buio ed il freddo che porta con sé.

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