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Manic Street Preachers – Rewind The Film

Manic-Street-Preachers-Rewind-The-Film-600Ecco dunque il primo dei due nuovi album che i Manic Street Preachers hanno registrato una volta terminate le fatiche del biennio 2009 – 2010 (l’ottimo Journal For Plague Lovers e l’evitabile Postcards From A Young Man).

Come promesso, Rewind The Film è un disco quasi totalmente acustico, ma per niente scarno né (al contrario) barocco; a corredare il tutto, qualche ospite la cui presenza è semplicemente perfetta. Ma, si intuisce subito, l’invecchiare dei Manics non è mai stato così profondo e doloroso.

I don’t want my children to grow up like me
it’s too soul destroying..

.. I can’t fight this war any more,
time to surrender time to move on…

.. It’s not enough to succeed, others must fail
my unhappy mantra
I wish I could escape..

This Sullen Welsh Heart apre su un panorama di conflitto e resa, e lo stupore è grande soprattutto perché la resa – molto di più che le chitarre acustiche – è l’ultima cosa che forse ci si aspettava dai Manics.
Rewind The Film, come suggerisce il titolo stesso, è in effetti un grosso ripensare a baricentri ed orizzonti, forse anche spirituali: non traggano in inganno i fiati esuberanti di Show Me The Wonder, sbarazzino primo singolo, questo è un disco amarissimo ed intenso, ma fortunatamente nient’affatto lagnoso.

L’infanzia come rifugio sicuro e la voglia di rivedere / rivivere l’intera vita con consapevolezza: di questo Richard Hawley canta nell’elegante title track; o ancora, le suggestioni silenziose e citazioniste di (I Miss The) Tokyo Skyline, in un’oriente più idealizzato che realmente accaduto; i fiati soul di Anthem For A Lost Cause (escape’s not worth the capture, so walk that lonesome road..) e As Holy As The Soil (That Buries Your Skin).

Tutt’altro che monodimensionali, comunque prolissi, James Dean Bradfield e compari riescono a trovare una nuova via per esprimere una frustrazione costruttiva e per nulla urlata: spiazzante, musicalmente declinato in stili e forme, Rewind The Film mostra la lunga storia dei Manics al negativo, e getta nuova luce e profondità sul loro intero catalogo.

I am as tired as John Lennon sang
conveying exhaustion like no-one else can
I’m no longer the centre of the universe
a bare admission that makes it seem worse…

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