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Mark Pritchard – Under The Sun

mark_pritchard_under_the_sunQuesto primo album che Mark Pritchard pubblica per la Warp usando il suo vero nome spalanca i cancelli di un universo parallelo.

Lo fa anche grazie ad un artwork che di fatto spiega il suo suono e che è stato appositamente concepito con la collaborazione di Jonathan Zawada: panorami ad alto tasso concettuale, orizzonti nei quali s’inseriscono repentini frame digitali, ecosistemi che collidono improvvisamente (come quelli in copertina) e, in generale, un approccio surrealista che pare attualizzare certe visioni di Joan Mirò trasportandole in un desolato qui ed ora.

Under The Sun è una prepotente rivendicazione artistica, che si avvale di ospiti del calibro di Thom Yorke, Bibio, Linda Perhacs e – curiosamente – di un sample di Julie Andrews (Mary Poppins!), Songs Of Sense And Nonsense, direttamente dal 1957.

Pritchard usa molti registri – traballa tra spoken word, ambient, minimal chill, persino il soul ed una certa house narcolettica – coniugandoli con una invidiabile coerenza, in modo da scacciare (almeno dal secondo ascolto in poi) la percezione che si tratti di un lavoro animato da uno spirito fin troppo definito (e definitivo), algido e descrittivo della bellezza che porta con sé.

Si tratta, insomma, di una questione di nitidezza.
Il fascino e, allo stesso tempo, il limite di Under The Sun stanno nel medesimo elemento, cioè la certezza dei suoi confini e delle sue coordinate.
In alcuni passaggi questo album si atteggia come a voler reprimere ogni intento immaginifico, finendo però per stupire per la sua maestosità visionaria, e viceversa.

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