Dischi

Massimo Volume – Cattive Abitudini

Chi l’avrebbe mai detto di ritrovarci qui,
giugno 2010,
in un pomeriggio di pioggia e di sole seduti di fronte alle nostre parole?

Ecco, chi l’avrebbe mai detto? Ci si sperava sempre, ma… poi d’un colpo, piano, ce li siamo trovati davanti al Traffic Festival di Torino (2008), l’anno successivo un disco dal vivo (Bologna Nov. 2008) e poi Cattive Abitudini, a più di dieci anni di distanza da Club Privé (1999). E non è finita, c’è un libro (Tutto Qui, di Andrea Pomini, edito da Arcana sul finire dello scorso anno) e  una specie di rockumentary, Stagioni (oltre, ovviamente, al tour in pieno svolgimento).

Insomma, i Massimo Volume sono tornati a poco a poco. Si sono risvegliati lenti, in due anni, e ora sono nel pieno dell’attività creativa. Ronza nelle orecchie la domanda perché? e una miriade di supposizioni, attutite dalla felicità di riabbracciare Emidio Clementi, la sua poesia, e la furia sonica dei Massimo Volume tutti.

Li ritroviamo un po’ uguali a loro stessi, emotivi ed emozionanti. E come ogni album dei Massimo Volume, Cattive Abitudini è sempre la stessa fotografia, che però, a guardarla, si scoprono particolari sempre diversi e nuovi dettagli.
Magari cambia l’ambientazione, sicuramente il sound è convinto, aspro, a tratti violento. Non solo la parole lasciano sgomenti, anche gli intrecci tessuti da Egle Somacal e Stefano Pilia hanno una loro vita, ed inevitabilmente catturano per intensità.
I personaggi con cui Clementi popola il disco sono, senza frattura alcuna, veri, immaginari, grandi scrittori (Robert Lovell), musicisti (Fausto Rossi), compagni (Manuel Agnelli in Le Nostre Ore Contate), gente senza via d’uscita. C’è un risvolto autobiografico in tutto (vedi Via Vasco Da Gama, quella di San Benedetto del Tronto), come se tutti questi anni lontani avessero premuto forte per uscire, e siano esplosi e si siano riversati in questi cinquantacinque minuti.
In fondo, inevitabile. Eccolo, il perché.

Massimo Volume Live @ Interzona5 febbraio 2011 [live report: Nd]

Nessuna parola oltre ad un sentito “grazie“. Già hanno detto tutto i versi e le note. La voce profonda e il basso colloso di Clementi, il dialogo complementare fra la chitarra limpida e ieratica di Sommacal e la sei corde violenta e scomposta di Pilia, la metrica essenziale di Vittoria Burattini.

La scaletta attinge copiosamente dall’ultima produzione, con fedeltà assoluta di suoni e intensità, pescando dal passato nei due ritorni sul palco.

Pubblico assetato e devoto in rispettosa partecipazione, come si conviene ad un evento atteso da tempo, come quando ascolti rapito e coinvolto le storie di vita di un amico che non incontravi da anni.

Degna apertura affidata all’oscuro rito tribale dei Bachi Da Pietra. Bruno Dorella e Gianni Succi lasciano scorrazzare la loro larva calcarea e scaldano la platea con l’effetto d’erosione di un superalcolico.

[Photogallery: Massimo Volume (+ Bachi da Pietra) by Elena Sartorari]

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