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Massive Attack – Ritual Spirit

massive_attack_ritual_spiritNon c’è nulla che non va in questo nuovo breve capitolo della storia dei Massive Attack, anzi.

Ritual Spirit salta il precedente EP pubblicato in combutta con Burial (Four Walls / Paradise Circus) e guarda indietro, proseguendo nel solco tracciato da Heligoland (2010). Lo fa con la complicità di molti: Roots Manuva, Azekel, Young Fathers, persino – per quanto sia strano solo pensare che si tratti di un featuring – 3D e Tricky.

Quattro tracce che strisciano nel buio e nell’intensità cava del suono che i Massive Attack riescono a produrre oggi; sono orizzonti scuri sui quali si scagliano, di volta in volta, le polifonie dei Young Fathers, gli scintillii della title track o la ritmica cieca di Dead Editors dominata dal flow di Roots Manuva. Sul finale, tutti di nuovo insieme per Take It There: una una lezione di trip-hop a vent’anni di distanza dall’ultima volta.

Il punto è proprio questo: per quanto Ritual Spirit sia tanto affascinante da far sperare in qualcosa di ben più corposo (ma contemporaneamente molto del suo equilibrio poggia proprio sulla brevità), non toglie affatto di mezzo l’idea che Massive Attack sia ormai un mero concetto, sfilacciato e tenuto insieme a forza, e anzi la corrobora (ai featuring va aggiunto un live molto incentrato sul passato ed in cui Daddy G appare solo ogni tanto, in apparente scazzo).

Non c’è nulla oggi di quello che c’era allora. Non il suono (ma non sarebbe affatto indispensabile), né le persone e lo spirito pare decisamente diverso. Vogliamo dirlo? Al momento, il nome Massive Attack pare più che altro – nella migliore delle ipotesi – una scusa, o – nella peggiore – un brand.

Ma se questo è il livello della produzione, possiamo tranquillamente rassicurare Robert Del Naja: non serve affatto nascondersi.

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