Appunti

New World Towers

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Ieri sera al Teatro Franco Parenti di Milano abbiamo potuto assistere a quella che, con ottima approssimazione, è stata l’unica proiezione italiana di New World Towers, il documentario sull’ultimo ritorno dei Blur firmato dal regista Sam Wrench.

Il film (in lingua originale e sottotitolato in italiano) è stato proposto all’interno della rassegna Gli Inediti, curata da ceCINEpas, ed introdotto da Carlo Villa, già autore di Brit-Pop, Piccola Enciclopedia, pubblicazione ormai risalente ma ultimamente ripresa sulle pagine di Rock-it, e curatore delle serate milanesi Karmadrome; ma (va detto) la sua narrazione è stata un po’ troppo accorata e prolissa e ha finito per incartarsi su se stessa provocando più di una perplessità a chi l’argomento lo mastica e (immaginiamo) lo smarrimento di chi invece non ne sa nulla.

New World Towers racconta la genesi di The Magic Whip e lo fa attraverso la viva voce dei protagonisti; il suo grande merito è quello di concentrarsi sul lato emotivo della vicenda: un album nato certamente da un’occasione fortuita (i cinque giorni in cui i Blur sono stati costretti a rimanere ad Hong Kong, saltato un concerto a Tokyo – o lì intorno, la questione non è chiara nemmeno a loro), ma che mai avrebbe visto la luce senza la volontà di Graham Coxon di rimettere le cose a posto dopo aver mollato il colpo ad inizio anni zero.

È questo il taglio su cui pare essersi concentrato Wrench: la ricostruzione emozionale di un gruppo, quattro individui che parevano non esistere più come un’unica entità ma che – un po’ per caso, un po’ perché oggi il fatto di non dover più per forza essere i Blur è la miglior scusa per continuare ad esserlo –  hanno saputo improvvisamente ritrovare la propria identità collettiva.

Ad un certo punto, Albarn ricorda il momento in cui ascoltò per la prima volta cosa Coxon ed il produttore Stephen Street avevano tirato fuori da quelle registrazioni fatte ad Hong Kong, ormai vecchie di due anni: «hmm.. oh! bello, sì.. anzi grandioso, stupendo! … ma questo vuol dire che… oh no!»; Damon era tanto felice di avere tra le mani dell’ottimo materiale quanto disperato dal solo pensiero di tornare sul palco con i Blur, in un momento (dice) «in cui più che altro cercavo assolutamente di allontanarmene».

Ma poi è successo ed è stato grandioso.
Le immagini spaziano dalle registrazioni alle strade di Hong Kong a quelle di Londra, dal concerto di Hyde Park dello scorso anno a quello, ancora, di Hong Kong nel corso del tour di The Magic Whip: un bagno di folla perfettamente circolare, ma anche la palpabile alienazione che una città come HK porta con sé, utilizzata nei testi come una metafora del travagliato riavvicinamento tra Albarn e Coxon, che trasuda dispiacere (e senso di colpa) per le vicende che hanno tenuto i Blur a lungo fuori dalle scene.

In questo, New World Towers conferma splendidamente che The Magic Whip è espiazione e riappropriazione (se si tratti di un punto o di un punto e virgola nella storia della band è un mistero irrisolto); il film in sé avrebbe potuto uscire, con la stessa efficacia, di mezz’ora più corto (dura 93′) tagliando qualche scena live, ma va bene così: chissà in fondo quando li rivedremo.

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