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OfflagaDiscoPax – Gioco Di Società

offlaga-disco-pax-gioco-di-società-590x527Riecco Max Collini e i suoi racconti di nostalgia: è un sollievo. Come se fossero l’ultimo (o il primo) dei rifugi da una realtà alienante, una realpolitik viva e vegeta, almeno da qualche parte nel nostro paese.

Vero che non è una sorpresa, sbagliato però dire che gli Offlaga Disco Pax non si muovono di un millimetro dalla loro storia. Sembrano piuttosto una di quelle cose che all’apparenza uno direbbe sempre uguali a loro stesse, e invece a guardar meglio si scopre che il tempo ha avuto il suo effetto anche su di loro: le ha segnate, invecchiate? Le ha rese più belle o semplicemente diverse?

Gioco Di Società mantiene inalterata la carica evocativa dei precedenti Bachelite e Prove Tecniche Di Trasmissione, ma si muove in acque almeno in parte diverse. No, Max non canta: chiariamolo subito; come al solito declama, o meglio, narra. Piuttosto il comunismo (in tutte le sue accezioni) non è più il background principale in cui si muovono gli Offlaga: la politica ha un ruolo più implicito, mediato, non è quasi mai il punto di partenza.

La fa da padrona l’elettronica, e le storie di Max Collini stavolta spaziano toccando – nel loro modo: di sbieco, di ripetitività, di implicito – tanto l’amore (Parlo Da Solo, che lui stesso ha definito una canzone su un’amore recente che non c’è più, e Desistenza) quanto l’infanzia (Sequoia e Respinti All’Uscio), sullo sfondo di Reggio Emilia.

Di inalterata c’è la capacità di spaziare, trovare il generale nel particolare, di arrivare dal particolare all’universale in un batter d’occhio: è una sorpresa sapere che tra gli ultimi bombardamenti in Libia e le partite della Reggiana di metà anni ’70 non ci siano più che un paio di gradi di parentela (Piccola Storia Ultras).

Gioco Di Società è il risveglio dell’io, piuttosto che del collettivo.

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