Dischi

Otis Redding – The Dock Of The Bay

Pubblicata come singolo nel gennaio del 1968, (Sittin’ On) The Dock Of The Bay aveva portato Otis Redding per la prima volta in cima alla classifica, ma lui non potè mai assaporare quel successo clamoroso e che aveva tanto agognato.

Per la prima volta un brano postumo arrivava così in alto:  l’aereo che trasportava Redding, invece, si era malamente schiantato nel Wisconsin il 10 dicembre ’67, inabissandosi nel lago Morona e trascinando a fondo anche i Bar-Kays (ad eccezione del trombettista Ben Cauley, letteralmente miracolato).

The Dock Of The Bay fu messo insieme da Steve Cropper pescando tra singoli e b-side degli ultimi tre anni di attività e, in quest’ottica, non è granché coerente; però rappresenta  un perfetto compendio di quanto enorme fosse stato il lavoro di Otis Redding fin lì, quanto incredibile fosse la sua voce e in che modo fosse capace di tirare fuori i musicisti al suo servizio: i fraseggi degli ottoni su The Hucklebuck o I’m Coming Home To See About You sono tutt’ora testi sacri del r&b, The Glory Of Love è il prototipo della ballata soul e la chitarra su brani come Don’t Mess With Cupid meriterebbe un capitolo a parte. Su tutto, la sua voce potente, in bilico tra miele e vetriolo, che poteva passare dalla dolcezza alla disperazione senza alcuno sforzo (Nobody Knows You When You’re Down And Out).

Nulla su questo album, ovviamente, suona come (Sittin’ On) The Dock Of The Bay: anche se non sapremo mai se effettivamente Otis l’avrebbe voluta esattamente così – aveva iniziato a registrarla appena una ventina di giorni prima di quel volo dal quale non sarebbe tornato, e non era ancora completa – quel che è certo è che lui stesso era cosciente di avere tra le mani una hit; questo aveva assicurato a Cropper, chiamandolo (ironia della sorte: da un aeroporto) poco prima di un concerto qualche settimana prima.

L’aveva composta mentre alloggiava nella houseboat dell’impresario Bill Graham, nella baia di Richardson, cioè almeno dieci miglia distante da dove la sua fantasia lo stava portando («I left my home in Georgia / headed for the ‘Frisco bay»); aveva incontrato Dylan, proprio mentre questo stava in fissa per Sgt. Pepper’s, voleva espandere i propri orizzonti e creare un suono che aveva iniziato a definire soul folk. Ci riuscì – la prima volta che Steve Winwood ascoltò (Sittin’ On) The Dock Of The Bay disse «sembra Dylan, ma suona come Otis!» – ma non ebbe mai la possibilità di proseguire su questa nuova rotta.

Il brano che doveva essere un nuovo inizio finì per essere il suo epitaffio e The Dock Of The Bay rimane a testimoniare tutt’oggi una vita incompiuta.