Dischi Greatest Hits / Best Of

Pat Thomas – Coming Home

«Il colpo di stato del 1979 cambiò tutto. Jerry Rawlings, con l’esercito ed i civili, rovesciò il generale Akuffo e formò l’Armed Forces Revolutionary Council. Voleva fare pulizia, sbarazzarsi della corruzione e delle ingiustizie, ma finì anche per compromettere la scena musicale del Paese. In quel momento la musica morì. Prima, in Ghana era ovunque ed era importante; ma quel colpo di stato la cancellò completamente. Bar e locali dovettero chiudere ovunque, per le regole sul coprifuoco» – fu allora che Pat Thomas se ne andò, non immaginando che sarebbe tornato stabilmente in Ghana solo trent’anni più tardi, dopo aver vissuto, lavorato e suonato in posti come Berlino, Londra, Toronto.

Padre insegnante di musica, madre cantante, aveva mosso i primi passi nell’industria discografica ghanese verso la fine degli anni ’60 registrando cover di artisti r&b come Stevie Wonder, Otis Redding, Miriam Makeba, Nat King Cole.

Poi erano arrivati gli ingaggi con le band che si esibivano negli hotel e nei nightclub del Paese (la Broadway Dance Band, la Ogyatanaa Show Band), da lì la partnership musicale con Ebo Taylor e il successo raggiunto con altre formazioni che portavano il suo nome per primo (Pat Thomas & The Sweet Beans, Pat Thomas & Marjiata). The golden voice of Africa, così ancora lo chiamano.

Il suo viaggio, lungo quasi tutta una vita, è raccolto in Coming Home, retrospettiva curata dalla Strut Records datata 2016.

Il percorso di Pat Thomas si identifica con la highlife stessa, genere nato proprio in Ghana e che prende le strutture ritmiche della musica tradizionale locale aggiungendo elementi del suono occidentale: i fiati, le chitarre, la linea vocale soul.

È roba contagiosissima, dagli inizi in cui sembra di ascoltare le big band in bianco e nero dell’era pre-Beatles (Go Modern) e poi man mano il tutto si contamina prima con il reggae (Revolution, Let’s Think It Over) e poi con la disco music (Yamona, I Need More, Who’s Free) e, ancora, con la pop music più orchestrale (Can’t You See).

Menzione speciale – su tutto – per We Are Coming Home e No Money No Love, da suonare alle feste anche per fare un figurone.