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Paul McCartney – Chaos And Creation In The Backyard

Se Chaos And Creation In The Backyard non suona homemade come McCartney è merito della produzione di Nigel Godrich, ma per il resto il debutto solista di Paul McCartney e questo lavoro datato 2005 sono accomunati dal medesimo approccio artigianale.

Godrich mette ordine, rende tutto molto chiaro, stereofonico ed inusuale, compensando così anche quei rari momenti in cui le melodie di Sir Paul sembrano girare un po’ più a vuoto.

L’iniziale Fine Line è solo una perfetta illusione, perché quell’andazzo brioso – e a tratti scanzonato – non si ripeterà: di lì in poi il mood di Chaos And Creation In The Backyard sarà molto più riflessivo, dolce, a tratti malinconico.

In diversi passaggi McCartney sembra voler evocare il proprio passato: impossibile non ritrovare frammenti del legame con Linda in How Kind Of You («I thought there couldn’t be / a someone who was there for me»), A Certain Softness the touch of wildness, in her style, haunts my memory / more than I ever thought it would…») e Follow MeI can rely on you to guide me through any situation / you hold up a sign that reads follow me, follow me»). Difficile non pensare che possa essere proprio diretto a John quel tanto enfatico «come on brother, all is forgiven / we all cried when you were driven away», o – ancora – troppo facile indovinare quali siano (stati) i giorni in cui «le canzoni venivano cantate credendo ad ogni verso».

Ma non si tratta di una rilettura nostalgica, anzi, è esplicitamente il contrario: «looking through the backyard of my life / time to sweep the fallen leaves away», dichiara con una certa veemenza in Promise To You Girl, e c’è da credergli perché tutto Chaos And Creation.. pare piuttosto ruotare attorno agli insegnamenti tratti da quel passato, fatto anche di timidezze (Friends To Go) e fragilità domestiche (At The Mercy).

Insomma McCartney confessa la sua umanissima condizione, dimostrando inaspettata empatia per vicende terrene che nell’immaginario collettivo ben poco sembrerebbero coinvolgerlo (Too Much Rain), e offre consolazione e consiglio, condividendo alcune cose apprese durante questo tortuoso percorso; su tutte, di scegliere bene dove concentrare i propri sforzi, di vincere le inerzie, di avere il coraggio di confidare nella sincerità dei sentimenti, sempre e comunque (Riding To Vanity Fair).

E questo messaggio – accompagnato da qualche spigolatura e con piena ed ironica coscienza del proprio essere (la vezzosissima English Tea, infatti, è «very twee, very me») – viene recapitato privo di ogni retorica melliflua.

Ma anche senza soffermarsi a cosa abbia inteso dire McCartney (ammesso sia possibile), l’esperienza di ascoltare Chaos And Creation In Backyard espone a molte sorprese: ritmi quasi latini, chitarre minimali e improvvise, esplosioni melodiche inaspettate e orchestrazioni perfette, brevi, mai fuori luogo. Tredici brani, la maggior parte dei quali non supera i 3’30”, con l’unico rammarico di aver relegato a ghost track uno strumentale che sarebbe stato perfetto per rendere molto più vispo il loro susseguirsi.

L’esperienza ha insegnato a McCartney a destreggiarsi attraverso molte avversità, alcune sconosciute ai più; l’innato talento ha fatto sì che a 63 anni non abbia perso nemmeno un briciolo della sua creatività.