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Paul McCartney – McCartney

mccartney-album-300x300…e improvvisamente, con il passare del tempo, quello che all’inizio sembrò un limite, divenne parte del fascino di questo album.

Nel 1970 fu una specie di shock sentire che un disco del genere provenisse dallo stesso autore di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, che con la sua complicata produzione aveva spalancato le porte della percezione anche alle classifiche pop.

Il punto è che però a Paul McCartney non piaceva la piega che stava prendendo Let It Be, che nella sua visione doveva essere il ritorno dei Beatles alla semplicità ed era stato invece trasformato da Phil Spector in un manuale del wall of sound (come sappiamo, giustizia verrà fatta solo nel 2003 con la pubblicazione di Let It Be… Naked)

E così, mentre uno mixava quello che sarebbe diventato l’ultimo disco dei Fab Four, l’altro si alternava tra Abbey Road, i Morgan Studios e casa propria, tutto preso a registrare pezzetti di musica qua e là, spezzoni strumentali, qualche voce.

Tutto su McCarntey è scritto, arrangiato, suonato, da Paul McCartney. Una sorta di Stevie Wonder della semplicità domestica. E infatti suona tremendamente intimo, casalingo, provvisorio. Ma quello che stupisce, e che cancella la distorsione dei giorni nostri secondo cui le cose fatte da sé sono prodotti della bassa fedeltà, è il fatto che in questo album l’urgenza non prevale mai sulla forma.

È tutto abbozzato, è tutto perfetto. The Lovely Linda è una sciocchezza da 46″ («la, la, la, la, la the lovely Linda, with the flowers in her hair») e da lì è un susseguirsi di composizioni che non raggiungono quasi mai i tre minuti.

E sì, McCartney è l’album di I’m Amazed, l’unica che potrebbe essere scambiata per una composizione dei Beatles (per produzione, per intensità, per ispirazione), e che anzi, rimane un capolavoro da conservare (quasi) a fianco di Hey Jude o Yesterday. E quindi vale da sola l’intero album, messa lì penultima tra due strumentali (Singalong Junk e Kreen-Akrore).

Il resto del disco è traboccante di idee e spunti melodici, tanto che c’è posto per canzoni messe nel cassetto da anni, tipo Junk – che doveva finire sul White Album – o Teddy Boy, scritta per Let It Be: la storia di un ragazzino che si prende cura della madre mentre il padre è lontano in guerra, finché l’arrivo di un altro uomo nella loro vita non lo riduce, geloso, in lacrime.

McCartney è il trionfo della pulizia, dell’amore per Linda che mai si trasforma in smanceria, ma allora tutto questo venne visto come un grosso limite: Paul McCartney pensava davvero di poter  pubblicare qualunque cosa? Pure gli scarti? Anche roba prodotta un po’ a caso?

Per tutta risposta, il pubblico lo premiò da una sponda all’altra dell’Oceano, e la critica solo dopo anni si accorse di quale colpo di genio fosse McCartney.

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