Dischi Live albums

Paul Weller – Live Wood

Pubblicato nel 1994, Live Wood chiude idealmente i primissimi anni di Paul Weller solista, quelli dell’incertezza, quelli iniziati con l’eponimo album che lo aveva riportato sul palco e proseguiti con Wild Wood, che gli aveva restituito il successo, il tutto giusto un attimo prima di un successo ancora più grande: quello che avrebbe assaporato con Stanley Road (e che gli darà un po’ alla testa, v. Heavy Soul).

Un’oretta di materiale registrato in posti come la Royal Albert Hall di Londra e il Paradiso di Amsterdam, ma anche nella ben più sperduta Wolverhampton e Bruxelles: Live Wood è un concentrato di spensierata energia in cui Weller e la sua band – Steve Cradock è già lì, rimarrà negli anni l’unico punto fermo – trovano, sera dopo sera, una compattezza profonda che li porta fino all’estasi degli oltre 10′ di Shadow Of The Sun e ad accennare qualche cover come Magic Bus, War o Dominoes.

Molti di questi brani diventeranno classici del repertorio del Modfather (Wild Wood, Into Tomorrow, Above The Clouds, Foot Of The Mountain, Sunflower), ma è pure l’occasione per far brillare alcune cose rimaste nell’ombra tipo 5th Season o This Is No Time (b-side di The Weaver, che ad un certo punto pare addormentarsi, salvo esplodere in un notevole break chitarristico). Circostanza significativa: Live Wood non contiene alcun ripescaggio dagli anni dei Jam né del repertorio degli Style Council, come se in quel momento PW volesse prendere le distanze dal suo passato e concentrarsi sul presente.

In generale, se in quei primi anni il suono in studio di Weller era ancora significativamente jazzy, Live Wood riduce al minimo quegli spunti e mostra notevole concretezza e fluidità: una band capace di suonare pesante come i Led Zeppelin e un attimo dopo soffice come ad accompagnare Marvin Gaye.

Arriveranno molti altri live, anche migliori, ma i primi passi del Modfather arrivato fino ad oggi in splendida forma sono tutti qui.