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Primal Scream – Riot City Blues

Esattamente come Give Out But Don’t Give Up (1994) era stato un brusco risveglio da Screamadelica (1991), ad un decennio di distanza i Primal Scream riabbracciano il rock’n’roll dopo le tempeste industrial/lisergiche di Evil Heat (2002) e soprattutto XTRMNTR (2000).

Riot City Blues è un baccanale che ignora qualunque cosa accaduta dal 2006 indietro fino ad Exile On Main St., che a sua volta – ovviamente – guardava tanto alle torbide sponde del Mississippi quanto all’elettricità dei locali blues di Chicago.

Non è, né potrebbe essere, tanto grezzo quanto il capolavoro degli Stones: però a sentire brani come Dolls (Sweet Rock And Roll), We’re Gonna Boogie, The 99th Floor, Nitty Gritty e – soprattutto – Country Girl (la più riuscita) verrebbe da pensare che Jagger e Richards (pur vivi e vegeti) si siano (già) reincarnati in Bobby Gillespie, evidentemente in grado di scrivere cose molto più efficaci e stilose di quanto quei due abbiano fatto dal 1980 in avanti.

Tanto basterebbe per minare la certezza che i Primal Scream siano una band strettamente politica: Riot City Blues non ha (quasi) nulla di oscuro o minaccioso, nessun significato profondo; è invece composto, suonato e registrato all’insegna di un revivalismo che trabocca divertissement, con la complicità di qualche amico speciale (Will Sergeant, Alison Mosshart;  Mani al basso invece non è una novità) e con tanto di cazzeggi tipo guitar hero (When The Bomb Drops, Suicide Sally & Johnny Guitar).

È come se la band di Glasgow – invece di “accontentarsi della rivoluzione generata da Screamadelica – non abbia mai rinunciato all’idea entrare nella mitologia del r&r, (però) appropriandosene; o forse Riot City Blues è un omaggio tanto ai tempi andati quanto ad una generazione cresciuta davvero nell’età d’oro del rock’n’roll.

Sia come sia: ogni tanto staccare tutto, levarsi di dosso ogni pensiero e pessimismo è semplicemente meraviglioso.