Ruben fa uno di quei mestieri che arrivi a fine giornata piegato in due. Difficile e pieno di responsabilità. Lo so. Per carità, ce ne sono molti. Lui però metre lo fa mica smette i panni di cantautore; e si nota eccome, accanto a tutti i colleghi ingessati.
Ruben che poi, a pensarci, quando compone, fa l’artigiano. Come quelli d’una volta. Non alla moda ma abili, affidabili, che costruiscono cose robuste su cui poter contare. Certo, non da copertina delle riviste, e che comunque si vede che c’è una sapienza antica dietro. Ecco, lui scrive canzoni così.
Quarto disco, questoIl Rogo Della Vespa, ed è il migliore del lotto. Finalmente in difficile equilibrio tra illusione e disillusione, fatica e leggerezza, forma e sostanza, citazioni e iniziative. Ha il piglio di chi si riprendere la vita, ecco cosa.
E allora azzecca le collaborazioni (i concittadini John Mario e Veronica Marchi, Petramante – tra gli altri), i suoni e gli arrangiamenti, e riversa su queste 12 tracce l’entusiasmo dell’uomo della strada che, nonostante tutto, non ha perso un briciolo della fede nel rock’n’roll.
E passino anche le sbavature (tipo la ricerca della rima più o meno sempre, o il tono a volte retorico), e chissenefrega se non è cool: va bene così.
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