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SBTRKT – Wonder Where We Land

SBTRKT_wonder_2SBTRKT apparecchia, lucida, sbatte i tappeti, detta il ritmo. Fa più che altro il padrone di casa; o lo chef, bene che vada.

Prepara la festa e i protagonisti sono altri, cucina tanto da sfamare un’intera tavolata ma lui s’accontenta di qualche avanzo.

Wonder Where We Land (di nuovo pubblicato dalla Young Turks) è così: un album corale, ancora più dell’esordio ormai datato 2011. Niente da dire, in realtà, se non che già dal primo ascolto manca qualcosa.

C’è un rosso sfavillante in copertina, c’è ancora la maschera (ci mancherebbe!), ci sono amici vecchi e nuovi (Sampha e Jessie Ware, ma – tra gli altri – anche Denai Moore, Ezra KoenigCaroline Polachek dei Chairlift), c’è il familiare accavallarsi di ritmi (stavolta molto più virati verso l’hip hop).

In mezzo a tutto questo – un tutto questo decisamente più essenziale rispetto al passato – manca però il vero guizzo, un colpo di genio paragonabile a Hold On (diventata un inno) o Pharoas (ma anche a Never NeverTrials Of The Past, Wildfire): le pure buone New Dorp. New York o Gon Stay non arrivano a quelle vette.

Forse SBTRKT ci aveva abituati troppo bene (anche se ascoltato l’ep Transitions un po’ ce lo aspettavamo). O forse è che stavolta ha preferito ridurre all’osso, lavorare per sottrazione, privarci di ogni vera possibile cavernosa eccitazione, limare via il pop e dirigersi dritto verso qualcos’altro.
Magari verso qualcosa di sinteticamente sciamanico, come lascia intravvedere in War Drums (con le ottime Warpaint), sepolta però nell’edizione deluxe di Wonder Where We Land (perché?!).

Fose non è un passo indietro, è una ricorsa: staremo a vedere dove atterrerà (appunto).

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