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Tee Mac – Night Illusion

tee_mac_night_illusionChe Tee Mac sia in realtà un flautista – e pure uno dei più apprezzati al mondo, ancora oggi – è la cosa più difficile da credere ascoltando Night Illusion.

Deve sorprendere meno che questo album ed il suo autore arrivino dalla Nigeria, considerate le miriadi di compilation su quell’universo sonoro ricchissimo e riscoperto solo negli ultimi tempi (consiglio: Brand New Wayo).

Pubblicato nel 1980 e rimasto fino ad oggi strettamente recluso dentro i confini nazionali, Night Illusion è il più recente ripescaggio della sempre eccellente Soul Jazz Records.

Il nome di Tee Mac non risulterà però sconosciuto ai più attenti biografi di Ginger Baker: sciolti i Cream e archiviati pure i Blind Faith, il batterista si trasferì in Africa e tra i tanti musicisti locali con i quali ebbe l’occasione di collaborare ci furono anche Mac e il suo ensemble Afro Collection.

Anzi, secondo alcune accreditate ricostruzioni, Baker ribattezzò la band Salt lasciando in disparte Tee Mac.. il quale prese atto della cosa e si trasferì in Inghilterra.

A questo proposito: seguire gli spostamenti di Mac – madre nigeriana (una principessa!) e padre svizzero – nel corso di quattro decenni è un po’ complesso; trasferitosi in Svizzera quando aveva tre anni, ad otto iniziò a studiare flauto (perché va detto: il nonno era Jean Pierre Rampal) fino a diplomarsi al conservatorio di Losanna e laurearsi in economia; questo spiega perché è sempre stato (anche) un notevole businessman, investendo in Nigeria – dove è considerato quasi un padre della patria – quanto ricavato dalla sua attività di musicista.

Per farla breve, nel suo peregrinare fece fortuna a metà anni ’70 scrivendo due brani che divennero hit negli States (Fly Robin Fly, che vendette qualcosa come 18 milioni di copie, e Get Up & Boogie); diventò l’arrangiatore di Shirley Bassey e un decennio dopo si trasferì a Los Angeles dove lavorò per la Cidi Croft Enterprise (ora conosciuta come Universal Films).

Night Illusion si colloca dopo i successi da classifica e prima del trasloco sulla west coast, in un periodo in cui Tee Mac era tornato per l’ennesima volta in Nigeria (dove aveva anche iniziato a condurre uno show televisivo a suo nome).

Sette tracce che avrebbero meritato (maggior diffusione) e miglior fortuna, un successo almeno pari a quello di KC And The Sunshine Band – le coordinate in fondo sono quelle, solo più intriganti: una miscela boogie/funk/discomusic ammiccante, per nulla timida nell’andare a lambire territori reggae (Talk To Me), perfettamente misurata nel far convivere refrain da ballo di gruppo (Night Illusion) con spunti dreamy che non disdegnano fughe (anche) chitarristiche (Nam Myoho Renge Kyo).

La sensualità rancorosa della voce di Marjorie Barnes, la produzione perfetta e tratti addirittura bombastica, il tutto all’insegna di groovy times di origine africana ma portati lontano dalle derive europee e americane: roba che – in un mondo ideale – avrebbe avuto una collocazione splendida in Fabriclive 36 (quella, per intendersi, curata da James Murphy e Pat Mahoney), nonostante il flauto.