Titolo catastrofista a parte, il nuovo lavoro di Jamison Isaak – aliasTeen Daze – pare più un’ode alla bellezza della natura, alla sua quiete, al più alla sua pura imprevedibilità.
Solo in Rising si spinge un po’ più in là, ma lo fa con un sussurro: will an endless wave take us away? An ending we created, nothing left to save..
Themes For Dying Earth nasce chiaramente dalla consapevolezza del male che l’uomo ha fatto e sta facendo al suo habitat, distruggendolo ogni giorno di più e (paradossalmente) rendendolo inospitale per lui stesso.
Ma non si avverte qui un filo di disperazione (neppure un briciolo di quella che animava What’s Going On, giusto per scomodare gli dei): Teen Daze mette insieme questi 48′ attraverso texture che sconfinano spesso nell’ambient, field recordings, tocchi gentili e mai smaniosi che occasionalmente si elevano a fughe verso una pop music corale ed evocativa (Cycle, Lost, Water In Heaven).
Può essere questo il limite di Themes For Dying Earth, il fatto che pare non succedere granché, la sua propensione – banalmente? – estatica e contemplativa; ma la classe di Isaak e la cura per i dettagli lo distinguono dalla massa, così come l’essere uno statement tanto potente quanto rassegnato.
Solo in Rising si spinge un po’ più in là, ma lo fa con un sussurro: will an endless wave take us away? An ending we created, nothing left to save..
Themes For Dying Earth nasce chiaramente dalla consapevolezza del male che l’uomo ha fatto e sta facendo al suo habitat, distruggendolo ogni giorno di più e (paradossalmente) rendendolo inospitale per lui stesso.
Ma non si avverte qui un filo di disperazione (neppure un briciolo di quella che animava What’s Going On, giusto per scomodare gli dei): Teen Daze mette insieme questi 48′ attraverso texture che sconfinano spesso nell’ambient, field recordings, tocchi gentili e mai smaniosi che occasionalmente si elevano a fughe verso una pop music corale ed evocativa (Cycle, Lost, Water In Heaven).
Può essere questo il limite di Themes For Dying Earth, il fatto che pare non succedere granché, la sua propensione – banalmente? – estatica e contemplativa; ma la classe di Isaak e la cura per i dettagli lo distinguono dalla massa, così come l’essere uno statement tanto potente quanto rassegnato.