Solo dal 2009, con la pubblicazione di questo Walking Out Of Love: The Lost Sessions, si ha un’idea più precisa e concreta di cosa fossero stati i Breakaways trent’anni prima senza per forza affidarsi ai soli (vaghi) racconti dei diretti interessati.
Dissoltisi i Nerves – che sarebbero passati alla storia più che altro perché la loro Hanging On The Telephone fa bella mostra di sé in apertura di Parallel Lines dei Blondie – Paul Collins e Peter Case provarono a combinare qualcosa insieme prima di andare ciascuno per la propria strada (Collins avrebbe infine raggiunto un qualche tipo di pubblico con i Beat, dei Plimsouls di Case invece proprio non si ricorda nessuno).
Quindi i Breakaways durarono un attimo, giusto il tempo di qualche esibizione dal vivo in quel di L.A. e di registrare del materiale che sarebbe rimasto nel cassetto (appunto) fino alla fine degli anni zero, perso tra diverse vicissitudini (la prima: trovare una line up stabile ed affidabile).
Va detto che Walking Out Of Love: The Lost Sessions ha a tratti una qualità audio decisamente scarsa, che influisce sulla sua fruibilità e lo rende meno godibile di quello che (s’intuisce) potrebbe essere: Thing Of The Past, I Don’t Fit In, Will You Come Through?, Do You Want To Love Me?, Let Me Into Your Life sono prove ultra lo-fi, catturate in presa diretta su qualche cassetta lasciata a fare polvere chissà dove per troppi decenni.
Ogni tanto, però, ci si passa sopra ed è dove la qualità della composizione è semplicemente troppo elevata per essere ignorata: One Way Ticket, che è una splendida imitazione dei primi Beatles; Let Me Into Your Life, che avrebbe meritato i titoli di apertura di una serie tv tipo Friends; Walking Out On Love è un gran singolo perduto.
Dove invece la qualità delle registrazioni è più chiara allora viene fuori che i Breakaways andrebbero probabilmente inseriti a pieno titolo nel gran filone power-pop a stelle e strisce dei seventies insieme a Big Star, Flamin’ Groovies, Knack, Nerves (appunto), Cheap Trick.
Tre su tutte grazie alle quali la precaria creatura di Paul Collins e Peter Case avrebbe meritato quantomeno di essere inclusa in una di quelle raccolte di gemme perdute dell’epoca: Everyday Things, Radio Station, Little Suzy, che sono fatte di chitarre sferzanti, ritornelli bubblegum e soluzioni melodiche notevoli.
Solo dal 2009, con la pubblicazione di questo Walking Out Of Love: The Lost Sessions, si ha un’idea più precisa e concreta di cosa fossero stati i Breakaways trent’anni prima senza per forza affidarsi ai soli (vaghi) racconti dei diretti interessati.
Dissoltisi i Nerves – che sarebbero passati alla storia più che altro perché la loro Hanging On The Telephone fa bella mostra di sé in apertura di Parallel Lines dei Blondie – Paul Collins e Peter Case provarono a combinare qualcosa insieme prima di andare ciascuno per la propria strada (Collins avrebbe infine raggiunto un qualche tipo di pubblico con i Beat, dei Plimsouls di Case invece proprio non si ricorda nessuno).
Quindi i Breakaways durarono un attimo, giusto il tempo di qualche esibizione dal vivo in quel di L.A. e di registrare del materiale che sarebbe rimasto nel cassetto (appunto) fino alla fine degli anni zero, perso tra diverse vicissitudini (la prima: trovare una line up stabile ed affidabile).
Va detto che Walking Out Of Love: The Lost Sessions ha a tratti una qualità audio decisamente scarsa, che influisce sulla sua fruibilità e lo rende meno godibile di quello che (s’intuisce) potrebbe essere: Thing Of The Past, I Don’t Fit In, Will You Come Through?, Do You Want To Love Me?, Let Me Into Your Life sono prove ultra lo-fi, catturate in presa diretta su qualche cassetta lasciata a fare polvere chissà dove per troppi decenni.
Ogni tanto, però, ci si passa sopra ed è dove la qualità della composizione è semplicemente troppo elevata per essere ignorata: One Way Ticket, che è una splendida imitazione dei primi Beatles; Let Me Into Your Life, che avrebbe meritato i titoli di apertura di una serie tv tipo Friends; Walking Out On Love è un gran singolo perduto.
Dove invece la qualità delle registrazioni è più chiara allora viene fuori che i Breakaways andrebbero probabilmente inseriti a pieno titolo nel gran filone power-pop a stelle e strisce dei seventies insieme a Big Star, Flamin’ Groovies, Knack, Nerves (appunto), Cheap Trick.
Tre su tutte grazie alle quali la precaria creatura di Paul Collins e Peter Case avrebbe meritato quantomeno di essere inclusa in una di quelle raccolte di gemme perdute dell’epoca: Everyday Things, Radio Station, Little Suzy, che sono fatte di chitarre sferzanti, ritornelli bubblegum e soluzioni melodiche notevoli.
Ma tocca godersele così.