Dischi

The Chemical Brothers – Surrender

Nel marasma mainstream di fine millennio, l’ascoltatore medio non aveva nessuna possibilità di distinguere tra one hit wonders e artisti dal percorso ben più solido.

Prendete i Chemical Brothers, prendete una cosa come Hey Boy Hey Girl: un brano maestoso, allora in alta rotazione radiofonica, televisiva e che facilmente rappresentava lo zenith di una serata discotecara sudatissima. E che ancora smuove le masse più di ogni altra produzione del duo.

Però solo mettendo su l’intero Surrender era davvero possibile collocare il lavoro di Ed Simons e Tom Rowland due, tre spanne sopra il resto. D’altra parte, quanti album di questa portata, di questo genere e pubblicati in quel periodo si riescono oggi a citare? Pochissimi. Quanti sono invecchiati davvero bene? Ancora meno.

Quindi, Surrender. Non è necessariamente il disco per il quale i Chemical Brothers saranno ricordati, perché dopotutto il suo sviluppo narrativo non è dissimile dal precedente Dig Your Own Hole; solo che quella era quasi la prima volta, qui stiamo parlando di tutt’altro livello di esposizione.

Ed è notevole il fatto che da Surrender siano stati estratti due singoli giganteschi – Hey Boy Hey Girl e Let Forever Be – ma per il resto si tratta di un affare abbastanza strano.

Apre fortissimo, con il riff stridente di Music: Response (che fonde Kraftwerk e house music), il rave ovattato di Under The Influence e Out Of Control, melodia appiccicosa guidata dalla voce di Bernard Sumner.

Di lì, Orange Wedge è il primo piccolo sintomo di quello che accadrà soprattutto nella seconda parte di Surrender: i ritmi si fanno più distesi e collassano sotto sferzate di suoni lisergici.

Sunshine Underground sarà una specie di Within Without You, Asleep From The Day un sussurro drogato in cui la voce di Hope Sandoval è pericolosamente vicina al nostro orecchio, la title-track e Dream On completeranno la formula di questo strano mistone ad alto tasso allucinogeno.

Ed a proposito di allucinazioni, tutto questo accade solo dopo Let Forever Be: un mantra martellante creato con la complicità di Noel Gallagher, una riedizione (ben più potente) di Setting Sun. Lì il modello era Tomorrow Never Knows, qui… anche, ma in acque molto più torbide (ci sono anche Rain e I Am The Walrus).

Immaginiamo lo stupore di tutti quelli che, nel 1999, si assicurarono una copia di Surrender convinti di trovarci dentro un’intera ora di follia anfetaminica in stile Hey Boy Hey Girl, salvo poi essere risucchiati in un party molto (molto) più stralunato.