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The Kills – Blood Pressures

THE_KILLS_-_blood_pressures_1000-300x300È un bel sopravvivere agli anni zero, questo dei Kills.

Un sacco di altre band loro coeve si è perso via dietro album mediocri, scazzi e clamore mal speso. Invece Alison Mosshart e Jamie Hince – che per un po’ sono sembrati solo due nomi strambi (“Hotel” e “VV”), destinati al calderone indistinto dei cloni dei White Stripes (o a quello delle cronache rosa, da quando Hince è stato avvistato in compagnia di Kate Moss) –  hanno prodotto sempre dischi interessanti e mai banali (su tutti No Wow, 2004). E sempre sporcandosi di blues, polvere, volume.

Blood Pressures ribalta i minimalismi di Midnight Bloom (2008): produzione in your face, ma ricca di soluzioni e arrangiamenti, dove nessun suono sta lì per caso. È un disco di rock’n’roll dritto dritto, potente e vintage.

I Kills si concedono anche 1’15” di sconfinamento in territorio lennoniano (Wild Charms), ma è solo un attimo di un disco che ribolle di riff sudaticci su cui la voce di Alison Mosshart s’infrange, ammaliando, seducendo e graffiando (Futre Starts Slow, Satellite) fino ad abbandonarsi arrendevole sulla conclusiva, scalcinata Pots And Pans (“I ain’t joking when I said you’re so good“).

È il suono di una band che invecchiando è migliorata; a dirla tutta, la sfida con i redivivi Strokes di questi tempi è vinta abbondantemente: il miglior album rock’n’roll è questo.

Insomma, come gli stessi Kills declamano che «it’s not the door you’re using, but the way you’re walking through it» (perla filosofica, su The Heart Is A Beating Drum): loro sono qui, ora, ma potrebbero esserci stati anche nei primi ’70, con stile e grandezza.

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