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The Rapture – In The Grace Of Your Love

cover-In-The-Grace-Of-Your-Love-the-rapture-2011-www.lylybye.blogspot.com_-300x300In The Grace Of Your Love: titolo delicato e diretto per un ritorno improbabile.

Improbabile per la qualità che i Rapture condensano nei primi 50′ registrati dal 2006 (Pieces Of The People We Love); perché erano dati per spacciati, una di quelle band che fanno gridare al miracolo per un attimo (2003: il debutto Echoes); perché qualcuno a forza di non raccogliere nulla aveva gettato la spugna (il bassista Mattie Safer); improbabile, infine, perché con l’addio degli LCD Soundsystem si è chiusa un’era (o almeno, tutti credevamo così).

E invece, un attimo dopo, ecco i Rapture che  – con tanta voglia di 2003 addosso – cercano di riappropriarsi dei dancefloor Newyorkesi con un blitz, una guerra lampo studiata e congegnata a lungo tra Parigi e NY, con l’aiuto di Philippe Zdar (Cassius, e, ancora meglio, produttore dei Phoenix).

Non solo: In The Grace Of Your Love esce sotto l’egida della DFA Records in una moderna favoletta del figliol prodigo. I Rapture avevano sprecato tanto talento dopo il debutto, lasciando lo scettro del punk/funk a chi non lo meritava (.. Gossip?), e ora tornano a casa, tra le braccia cicciotte di James Murphy (padrino, più che padre, ma tant’è).

Non è che l’artwork suggerisca toni trionfalistici (siamo più su una malinconia degna di Surf’s Up), ma basta premere play per godersi quell’assalto vendicativo e sudaticcio alla pista da ballo che è Sail Away, accompagnato da una doppietta sopra le righe: lo stomp di Miss You (niente a che vedere con gli Stones) e l’euforia confusa di Blue Bird.

Poi i Rapture s’atteggiano a Talking Heads (Roller Coaster), come a rimarcare quel legame profondo con la NY visionaria e movimentata di fine ’70, ma Never Die Again (uno di quei refrain sentiti milioni di volte, eppure…), Can You Find A Way, il singalong trascinante di How Deep Is Your Love (no, niente a che vedere nemmeno con i Bee Gees) spostano decisamente il baricentro dell’album verso i nightclub europei, più che verso lo Studio ’54. E allora che eurodisco sia, di quella che non invecchia mai davvero.

E loro, i Rapture, potranno vantarsi di aver creato una moda, giù all’inizio degli anni zero; e anche, quasi 10 anni dopo, di averci fatto salire sulla macchina del tempo e tornare a quando di anni ne avevamo venti, e davvero non ce ne poteva fregare di meno, proprio di niente (It Takes Time To Be A Man, dicono loro sul finale, e quanto hanno ragione!).

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