Dischi

The Strokes – The New Abnormal

Ecco svelato il senso di un singolo come At The Door, oltre 5′ guidati da un synth ripetitivo, un lirismo in perenne attesa di una deflagrazione che non arriva mai, e del suo video cartoon: gli Strokes ambientano il loro nuovo album negli anni ’80 sospesi tra le tinte sci-fi ed i colori vividi di Jean-Michel Basquiat (è il suo Bird On Money lì in copertina).

Era stato preannunciato come un disco quasi politico, The New Abnormal, ma non lo è tranne per vaghi spunti. Pare più che altro animato da un’emotività sconvolta e confusa da almeno vent’anni di relazioni incasinate, interne ed esterne alla band.

Lo dimostrano le parole, lo dimostra il tono di Julian Casablancas che pare spesso trascinato via da una specie di senso di colpa passivo-aggressivo. È la sua voce il vero valore aggiunto: fin qui non era mai stata tanto precisa, affilata, nitida. E versatile, perché svisa da un falsetto che vorrebbe arrivare fino a Prince ad un tono didascalico appreso da Lou Reed ed è convincente pur non arrivando mai a quei livelli.

The New Abnormal – prodotto da Rick Rubin – è un disco dinamico, di quelli che cresce di ascolto in ascolto. Da ultimo è riuscito, al netto di alcuni limiti: i brani spesso troppo lunghi finiscono per rimandare la sensazione di un abbraccio piacevole e desiderato, ma impacciato; gli spunti più diretti sono comunque inseriti in architetture che rischiano di annacquarli; in generale, gli Strokes sembrano sospesi a metà tra quello che sono stati, quello che sono e quello che ciascuno di loro vorrebbe che fossero (e qui vale ricordare che da Angles in poi Casablancas non è più l’unico compositore).

Sono questioni, però, che è facile mettere da parte quando si è di fronte a molti momenti notevoli distillati nell’arco di 45′ e che rendono questo lavoro meno anonimo del precedente Comedown Machine (comunque tutt’altro che dimenticabile).

Anzitutto, The New Abnormal vive di una stereofonia che l’ascolto in cuffia valorizza al massimo: il basso che rimbalza ovunque; le chitarre che si inseguono nel break da 1’45” dell’apertura di The Adults Are Talking, nel refrain la cantilena di quella sul canale destro; Bad Decisions (cioè Dancing With Myself di Billy Idol, pure accreditato) è puro earcandy; in Why Sundays Are So Boring ancora Nick Valensi e Albert Hammond Jr. che duettano da una parte all’altra passando da qualcosa di molto vicino all’abbaiare di un cane ingolfato ad un phaser impazzito; ancora meglio sul canale sinistro a 4’08” Not The Same Anymore; l’incedere di Eternal Summers che ricorda da vicino gli INXS, il crescendo epico in chiusura di Ode To The Mets che prende dai Radiohead di Street Spirit (Fade Out).

E poi, si diceva le parole. Da sinking like a stoneuse me like an oar / and get yourself to shore (At The Door) a you’d make a better window than a door (che su Not The Same Anymore inverte il più consueto you make a better door than a window e spalanca una serie di significati), passando per I was just bored, playin’ the guitar / learned all your tricks, wasn’t too hard in Ode To The Mets (che Casablancas conduce trionfalmente sino al confine dell’avanspettacolo: drums please, Fab) e the ’80s song, yeah, how did it go? (Brooklyn Bridge To Chorus): in questo senso The New Abnormal è una vera e propria mappa dello spaesamento.

Non è dato sapersi quanto dovremo attendere per un nuovo lavoro degli Strokes, ma va detto che da qui potrebbero andare ovunque, oppure non muoversi (mai) più.